Jacques-Alain
Miller: Il desiderio non si trova già preformato nell’organismo. Non è
un istinto, se con questo intendiamo un sapere infallibile che sarebbe
inscritto nel reale del corpo e che lo porterebbe direttamente al suo
scopo: il suo benessere, la sua vita, la sopravvivenza della specie. Al
contrario invece, il desiderio si smarrisce. Questo tratto è stato
riconosciuto costantemente. Da sempre ci si lamenta e si censurano le
sue aberrazioni, le sue stravaganze, i suoi vagabondaggi. È stato
tentato di tutto per educarlo, regolarlo, dominarlo, ma invano: fa quel
che vuole. Da qui l’idea che il desiderio non concerne la natura: è
attinente al linguaggio. È un fatto di cultura, anzi è esattamente un
effetto del simbolico. Lacan parla dell’ “ordine simbolico”
In
effetti. Di recente abbiamo visto aggregarsi intorno alla nozione di
ordine simbolico adepti tra gli oppositori al matrimonio omosessuale. Ma
c’è un malinteso. L’ordine simbolico designa un insieme di leggi –
leggi linguistiche, dialettiche, matematiche, sociologiche – di cui il
complesso di Edipo non fa parte. Lacan l’ha sempre considerato un mito.
E su questo si potrebbe dire che è stato molto generoso, perché le
versioni triviali sono più vicine alla farsa che non alla tragedia
greca, del tipo: è necessario che papà detti la legge alla mamma perché
la bambina e il bambino siano ciò che devono essere. Lacan prevedeva
che questo programma non si sarebbe mantenuto in piedi per molto tempo,
ed è ciò a cui assistiamo oggi.
3. Tuttavia Lacan parla di “struttura edipica”
Si,
questo non è né un mito né il cast di una rappresentazione di Guignol.
È una combinatoria, che distribuisce termini su luoghi a cui sono
attribuite funzioni. Ma non è necessariamente il Nome del Padre a
occupare la posizione dominante, a sostenere il suo mondo, a essere la
sua pietra angolare. Quello può ben esserlo un sintomo! E quando è il
caso, anche se il soggetto vuole sbarazzarsene perché gli crea disagio,
il terapeuta deve astenersi dal toccarlo, perché tutto potrebbe
crollare. Il desiderio è innanzitutto l’effetto della struttura del
linguaggio. Il desiderio è concepibile solo negli esseri parlanti.
Possiamo tradurlo così. Nella specie umana, il neonato non solo soddisfa
i propri bisogni più elementari, deve passare attraverso un Altro,
maiuscolo, capace di soddisfare i suoi bisogni, e per fargli parlare il
suo linguaggio deve rivolgergli una domanda. Tutto deriva da lì. La
domanda fa dell’Altro un oggetto d’amore. Simultaneamente, la
trasposizione da bisogno a domanda produce una differenza: è lì che si
colloca il desiderio. Scorre sotto tutto ciò che si dice, persino nei
sogni, senza poter essere detto in modo aperto. È il motivo per cui si
presta all’interpretazione.
4. L’oggetto del desiderio allora è inevitabilmente inaccessibile?
Il
desiderio non è coordinato con un oggetto naturale o sociale. Il suo
oggetto non si trova nella realtà comune, ma nel fantasma individuale.
Come tale, non è un oggetto di cui si ha bisogno, e non possiamo
ottenerlo attraverso la domanda. È piuttosto un oggetto che, se così
posso dire, vi toglie il fiato. Nella cura analitica constatiamo che la
confessione del fantasma è spesso la cosa più difficile. La relazione
del soggetto della conoscenza con l’oggetto della conoscenza è
tradizionalmente descritta come armonica e complementare. Nel registro
del desiderio la relazione del soggetto con l’oggetto è completamente
differente. Lacan mostra che l’apparizione dell’oggetto del desiderio si
manifesta, dal lato del soggetto, attraverso un fading: il soggetto
non riesce a sostenersi, svanisce, scompare. Per questo passa
all’inconscio.
5. Come possono mantenersi in piedi le società se ognuno è ossessionato dal proprio fantasma particolare?
Proprio
perché è labirintico e girovago, il desiderio suscita invece
l’invenzione di diversi artifici che svolgono il ruolo di bussola.
Prendete una specie animale: ha una bussola naturale, che è unica. Nella
specie umana, invece, le bussole sono molteplici, in competizione,
evolutive. Non sono istituite dalla natura, sono artificiali, montaggi
significanti, sono ciò che Lacan chiama discorsi. Questi discorsi dicono
ciò che bisogna fare: come pensare, come godere, come riprodursi. Ci
sono discorsi di scala molto grande e di lunga durata: le civiltà, le
religioni. Organizzano la città, le produzioni, le credenze. Su un’altra
scala, ogni famiglia ha il proprio discorso: un sistema di valori, una
nozione del mondo, uno stile di conflitti, ecc. Tuttavia, il fantasma
di ognuno rimane irriducibile alle idee veicolate dai discorsi.
6. Quale orizzonte indicano queste bussole?
Fino
a un’epoca recente, tutte indicavano verso lo stesso orizzonte: il
Padre. Le civiltà, le religioni, le società erano patriarcali. Il
patriarcato come forma di organizzazione sociale sembrava essere una
costante antropologica. Il declino del discorso patriarcale fu
accelerato con l’uguaglianza delle condizioni, con l’ascesa al potere
del capitalismo, con la rivoluzione industriale. Balzac lo segnala a
metà del secolo XIX, Hannah Arendt a metà del secolo XX: l’autorità è in
decadenza, l’autorità non è più una via che soddisfa l’umanità. Lo
stesso De Gaulle, che era una figura autoritaria per antonomasia, voleva
inaugurare l’era della “partecipazione”.
7. Vuol dire che usciamo dall’era del Padre?
Un
altro discorso è sulla buona strada per soppiantare discorso il unico
di una volta. L’innovazione invece della tradizione. Il fascino del
futuro dove il peso del passato incatenava. Più che la gerarchia
(verticale), la rete (orizzontale), il femminile prende il posto del
virile. Non si conserva più un ordine nei suoi limiti immutabili; ci
inscriviamo in flussi di trasformazione che allontanano incessantemente i
loro limiti.
8. E l’Edipo freudiano che fine fa in tutto questo?
Freud
appartiene senza dubbio all’era del Padre. Ha fatto molto per salvare
il Padre. La Chiesa, d’altra parte, se n’è accorta e lo lascia
celebrare ai suoi teologi più avanzati. Lacan ha seguito la via
tracciata da Freud, ma l’ha portato altrove. L’esperienza analitica
dimostra che il Padre è in sé un sintomo. Il desiderio del Padre, il
desiderio per il Padre, si lascia interpretare. In questo libro, Lacan
lo mostra con l’esempio di “Amleto”, di Shakespeare. Il principe Amleto
è messo alle strette a causa del fantasma del padre. La parola del
Padre letteralmente lo fa ammalare, lo impazzire, è il suo sintomo. Il
desiderio di Amleto, prigioniero del Padre, finisce per emanciparsene,
ma al prezzo della morte. Questo seminario al tempo stesso è un grande
libro teorico e clinico. Lacan offre anche una clinica inedita
dell’esibizionismo e del voyeurismo. Si capisce come ogni desiderio
abbia un nucleo perverso.
9. Il seminario si conclude anche con un elogio della perversione!
che comunemente si considerò di Lacan è l’accento posto sull’Edipo, la
messa in evidenza della funzione del Nome del Padre, la messa in
formule del montaggio freudiano. Quello è il punto di partenza di
Lacan. Ma, dal Seminario VI, il concetto di desiderio sposta le cose.
L’Edipo non è l’unica soluzione del desiderio, è solo la sua forma
“normale”, normalizzata, la sua prigione. Anche l’Edipo è patogeno. Il
destino del desiderio non si limita all’Edipo. Da qui l’elogio della
perversione con cui conclude il volume. La perversione, nel senso di
Lacan, traduce una ribellione contro l’identificazione conformista che
assicura il mantenimento della routine sociale. Dato che, secondo
Freud, la pulsione può perfettamente soddisfarsi nella sublimazione,
cioè in attività chiamate culturali, non si sovrappone alla “sostanza
del rapporto sessuale”. Svuotata dal godimento sessuale, la pulsione
sussiste sotto forma culturale, dove s’infila quel godimento della
lettera che danno l’arte e la letteratura.
10. Lacan annunciava “la riorganizzazione di conformismi precedentemente instaurati, persino la loro esplosione”. Siamo a questo?
Questo seminario
parla del 2013. I sostenitori del Padre sfilano per le strade in nome
della tradizione, tanto che i Pépère*, i “tesorucci » vogliono creare
norme che sostituiscano quella tradizione. Lo psicoanalista non ha
vocazione a diventare guardiano del vecchio ordine, il cavaliere di una
causa persa. Non può credere neanche nel radioso avvenire: la via del
desiderio non è una festa. Così, lui interpreta. Si deve scegliere, la
scelta è forzata. Perché tornare indietro è impossibile.
* Soprannome dato a François Hollande dai suoi collaboratori
Traduzione di Edison Palomino e Alberto Tuccio