In un saggio intitolato incarnazione, Michel Henry
[1] traccia la differenza fenomenologica tra corpo e carne. Il primo come
prodotto della soggettivizzazione della realtà, il secondo come soggetto del
pathos.
La differenza corpo-carne è per la fenomenologia un
passaggio logico cruciale che ha determinato molti progressi soprattutto sul
piano clinico, spingendo la ricerca psicopatologica dal piano oggettivo al
piano soggettivo e strutturando un metodo clinico che gli stessi fenomenologi
chiamano “in prima persona”.
Lacan nel tracciare il tema del corpo lo lega
inevitabilmente alla sfera dell’immaginario e del simbolico. Il primo legato al
concetto della consistenza ed il secondo in relazione al suo valore
significante.
Un corpo consistente è per la psicoanalisi sostanza
che permette l’ancoraggio del soggetto in risposta alla sua mancanza
ontologica; l’immagine totalizzante ed ortopedizzante, infatti, è ciò che
sostiene sul versante narcisistico la soggettività umana. Dal punto di vista
simbolico, invece, il corpo svolge a tutti gli effetti il ruolo del
significante, rappresentante qualcosa per qualcuno iscrivendosi inesorabilmente
nel registro dell’Altro.
Esiste per la psicoanalisi, così come per la
fenomenologica, una trascendenza del corpo?
In realtà questa questione per la psicoanalisi
rappresenta un’aporia giacché tutta l’evoluzione del sapere psicoanalitico è
un’operazione di trascendenza sul corpo.
Operazione che è tuttora in atto e per cui non ancora
conclusa.
Mettendo da parte i tentativi agiti da alcuni
psicoanalisti di voler annoverare l’esperienza freudiana in continuità con le
neuroscienze, la biopolitica, la filosofia o l’etica, la psicoanalisi, alla
luce dalla sua non conclusa questione sul corpo, resta un regno epistemologico
distinto da tutti quanti gli altri.
Un passaggio, a mio modesto avviso, fa cogliere bene
la questione.
In “Analisi terminabile ed interminabile”, Freud
nell’affrontare il tema della genesi delle psiconevrosi afferma l’importanza
del fattore quantitativo delle pulsioni ( quantitativen moments ).
Freud aveva di mira un aspetto per lui cruciale.
Quale? Le pulsioni, non solo rispetto alle fonti, percorsi, mete e oggetti, ma
soprattutto rispetto alla sua forza.
Ricordiamo che la pulsione è ciò che permette a Freud
di cogliere come vi sia qualcosa di sospeso tra il soma e la psiche, di come
all’interno del nostro corpo vi siano energie che non rispettano le leggi della
fisica classica.
Lacan compie un ulteriore passaggio collocando le
pulsioni come effetto di un corpo esposto alla lingua [2] :
« Le pulsioni sono l’eco nel corpo del fatto che
ci sia un dire. A questo dire, perché risuoni, perché consuoni, bisogna che il corpo sia
sensibile. Che lo sia è un dato di
fatto. Proprio
perché il corpo ha alcuni orifizi, il più importante dei quali è l’orecchio,
perché non può tapparsi, turarsi, chiudersi. E’ per questa via che nel corpo risponde ciò che ho chiamato la
voce ».
D’altronde, giova ricordare a chi polemizza contro
l’insegnamento di Lacan rispetto al rapporto tra inconscio e linguaggio, che
proprio Freud in “Inibizione, sintomo e angoscia” legò la questione pulsionale
con l’angoscia, la quale a sua volta era vista come segnale (segno, ndr) utile
a richiamare l’attenzione dell’altro.
Per la psicoanalisi è proprio attraverso ciò che
trascende il corpo che vi è una questione che lega la sfera enterocettiva al
linguaggio.
A tal proposito proprio Lacan, che ha ben chiarito la
questione del corpo come significante o come ente consistente, inizia a
chiarire il tema della carne [3] :
« Il corpo, se lo si prende sul serio, è
anzitutto ciò che può recare il marchio atto a schierarlo in una sequenza di
significanti. In conseguenza di questo marchio esso è supporto della relazione.
Non è così
per ogni carne. Solo da quelle in cui il segno s’imprime per negativizzarle
salgono poiché corpi se ne separano, i nembi, acque superiori, del loro
godimento, carichi di folgori per ridistribuire corpo e carne ».
Il corpo quando incontra un segno che, imprimendosi,
lo negativizza, si divide dalla carne.
La carne, per cui, è il prodotto di una
negativizzazione di un corpo segnato che si distingue per il suo valore
consistente e significante.
Anche Derrida coglie molto chiaramente questo
passaggio quando analizzando il testo di di Freud Progetto di una psicologia,
afferma:
« E quando egli rinuncerà alla neurologia e alle
localizzazioni anatomiche, non lo farà per abbandonare, ma solo per trasformare
le sue preoccupazioni topografiche. La scrittura, allora, entrerà in scena. La
traccia diventerà il gramma, e il mezzo della facilitazione, una estensione
spaziale cifrata ». [4]
Ciò che va oltre il corpo, la neurologia, la
localizzazione delle funzioni, in altri termini “la carne” è un divenire, nel
tempo e nel discorso, proprio come il moto pulsionale di cui Freud ha tanto
parlato, proprio come il jouissance di
cui Lacan ha indagato durante tutto il suo insegnamento.
Notes:
[1] Michel Henry, Incarnazione. Ed Sei frontiere, 2001.
[2] Jacques Lacan, Seminario XXIII: Il Sinthomo . Ed Astrolabio. Pag.16
[3] Jacques Lacan in Radiofonia. Altri Scritti. Ed. Einaudi pag. 405-406
[4] Jacques Derrida, La scrittura e la differenza. Ed Eianudi , pag. 266