La psicoanalisi fin da Freud ha inteso iscrivere il proprio discorso nella Civiltà contemporanea sotto il segno dei Lumi e nel solco della scienza moderna. La lotta contro ogni forma di oscurantismo
rispetto alla lettura della condizione umana ha fin dall’origine fatto parte del suo DNA: le grandi scoperte freudiane attorno all’inconscio ed alla sessualità umana, che sovvertirono la morale dominante all’inizio del secolo scorso, non sarebbero state possibili senza questo forte radicamento dell’impresa psicoanalitica nei quadri del sapere e della scienza moderna.
Non indietreggiare dinanzi all’oscurità che ci avvolge fa parte dell’etica psicoanalitica, e potremmo dire che ogni analisi inizia proprio da questo punto: osare sapere attorno all’enigma del proprio essere incarnato nel proprio sintomo. Freud stesso nell’esergo de L’interpretazione dei sogni descriveva come è noto il suo percorso come un movimento verso l’Acheronte dell’inconscio. Lacan dal canto suo ha sempre rilanciato l’indicazione freudiana, legando strutturalmente il discorso analitico al discorso della scienza.
Al contempo tuttavia, l’esperienza analitica conduce già Freud a mettere in luce che il sapere inconscio che emerge da un’analisi non consente di giungere ad una piena trasparenza rispetto al nucleo pulsionale del soggetto: c’è sempre al cuore dell’essere umano un reale irriducibile al sapere, che funziona come un punto di opacità strutturale non ulteriormente valicabile dal lavoro della simbolizzazione. Questa scoperta che si rinnova ad ogni analisi conduce il discorso analitico oltre l’ideale moderno della piena trasparenza della ragione a sé stessa, mostrando al soggetto in analisi il punto di cecità che gli è proprio e che nella sua vita non è in condizione di vedere.
E’ proprio tale scoperta al cuore della sua pratica a condurre la psicoanalisi ad assumere una prospettiva propria rispetto alla condizione del soggetto nella società contemporanea e al disagio che la caratterizza. Già Freud metteva chiaramente in evidenza, nel Disagio della Civiltà del ’29, la tensione strutturale alla base dell’entrata dell’uomo nel legame sociale. Tale entrata comporta strutturalmente una perdita di godimento, prezzo pulsionale da pagare per poter fruire delle garanzie sociali che il legame comporta.
Tale oggetto perduto sarà per il soggetto al contempo quanto gli è di più intimo nel suo essere ma allo stesso tempo quanto gli è di più straniero e inaccessibile, impossibile da ricondurre ad un ordine prestabilito. Questa condizione disegna un paradosso: al cuore del legame sociale, per la psicoanalisi, v’è qualcosa che sfugge al legame stesso, che fa resistenza ad una sua traduzione integrale in termini di linguaggio e di simbolo.
E’ a partire da questo punto che diventa interessante per noi interrogare, in questo Forum della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi, che terremo a Torino l’11 ottobre, una tendenza che permea il discorso sociale contemporaneo, e che radicalizza e per certi versi ‘realizza’ l’ideale di trasparenza proprio della modernità.
Ci riferiamo al dispiegamento di pratiche e procedure di controllo sociale, sostenute dall’applicazione tecnologica di innovazioni scientifiche proprie alle nuove tecnologie, che rendono la vita quotidiana dell’uomo contemporaneo sempre più pervasa da un processo di registrazione e calcolo dei suoi movimenti, che entra sempre più nel dettaglio della sua vita privata, condizionandola.
Questa tendenza ha preso sempre più corpo nella società ultramoderna, ed ha varcato gli argini che all’epoca del capitalismo classico ancora permanevano a preservare un diritto all’intimità, all’interno di una società ancorata al principio dell’interdizione paterna. Nella società contemporanea, come ci ha indicato Lacan, è la spinta al godimento senza limite a prevalere come principio di funzionamento sociale. Ma tale spinta superegoica all’eccesso di godimento, il dover godere come imperativo sociale, trova una sua declinazione rovesciata nelle pratiche di ipercontrollo sociale, nelle quali è un dover vedere senza limite ad imporsi sul soggetto. E’ attorno a questo rischio costante di scivolamento interno al discorso sociale contemporaneo, dall’ideale illuministico di trasparenza, condizione di un funzionamento sociale regolato, all’imperativo ad un dover-vedere-tutto da parte dell’Altro, che la Scuola Lacaniana di Psicoanalisi vorrebbe convocare in questo Forum su La società della trasparenza un dibattito con altre discipline implicate a vario titolo nel problema.
Come fare perché l’ideale della trasparenza non si trasformi per l’uomo contemporaneo nell’incubo persecutorio prefigurato nella realizzazione del Panopticon di Bentham come principio difunzionamento sociale, dove l’Altro vede tutto senza essere visto? Su questo punto la psicoanalisi di Lacan è interessata ad un dibattito critico con altri saperi, che metta in luce l’irriducibilità del soggetto ai meccanismi di controllo sociale e contribuisca a riformulare le condizioni di un legame sociale che tenga conto di tale irriducibilità strutturale.