La promessa di felicità
Giovanna Di Giovanni
L’essere umano ricerca la felicità, ci dicono anche Freud e Lacan, ma farsi garanti che troverà il suo bene già pronto e adeguato a lui, si configura come “ una sorta di truffa”. 1
Questa è invece la promessa che , facendo della felicità un diritto codificato, sancisce l’aspettativa di ottenerla, purché incasellati nei modi di una classificazione sempre più minuziosa. Lì si scruteranno le deviazioni dalla norma indicata come ottimale e si applicheranno le correzioni opportune. Questo vale per lo sviluppo del bambino ancora infans, per l’apprendimento scolastico dei ragazzi, per la cosiddetta socializzazione, per le angosce della maternità o le difficoltà della posizione paterna. Anche la scienza medica da il suo avallo a questa visione. Spesso non è nemmeno necessario che il medico si “chini” sul lettino del paziente, lo tocchi con la sua mano, ne senta il corpo. E’ sufficiente che legga i fogli dei referti per prescrivere poi le cure indicate per quei valori. Dall’incontro medico-scienza il paziente è forcluso e ritorna spesso con nuovi e più tristi sintomi anche nel corpo.
L’invito sociale pressante è ad accettare la classificazione ufficiale e la riabilitazione per i devianti verrà poi da sé. Ma il soggetto bambino,adolescente, adulto, schiacciato nella possibilità di mettere in parola la questione che lo muove nell’esistenza , produce senza posa nuovi modi del dolore e del sintomo. Il corpo si devasta,terreno da distruggere perché l’altro non trovi in esso nessun oggetto di godimento, le relazioni divengono via diretta alla morte perché lo specchio dell’immagine prescelta non deve muoversi dalla sua casella. Un universo concentrazionario, come notava Lacan, prende il posto di ciò che umanamente può supplire all’inesistenza del rapporto sessuale e cioè l’accoglimento del caso, della contingenza che permette l’invenzione , l’arrangiamento singolare.
Questa infatti è la via che indica la psicoanalisi, veramente altra dalla fruizione di diritto dei beni del consumo fisico e psichico, che il mercato espone numerosi. L’uomo ricerca la felicità, ma nel suo percorso assolutamente singolare incontrerà la solitudine della responsabilità, la derelizione della mancanza costitutiva dell’essere sul cui bordo avrà da cercare un accomodamento, fuori da ogni spiegazione consolatoria. L’analista lo sa bene. L’analisi infatti è la traversata delle identificazioni che nel fantasma hanno strutturato il godimento marcato all’origine dal significante, che ha segnato il corpo pulsionale. Non per arrivare alla lettera ultima, che farà coincidere il soggetto col godimento, ma per indicare piuttosto che esiste una via possibile di supplenza per la mancanza costitutiva al nucleo dell’essere. 2
In questo percorso esclusivamente singolare consiste l’aspetto profondamente sovversivo della psicoanalisi, che soltanto nelle sue derive di divulgazione psicologizzante ha potuto essere tacciata di strumento di “normalizzazione borghese”.
Nel percorso analitico piuttosto c’è la progressiva caduta di ogni Ideale, anche socialmente accettato, e di ogni identificazione proposta come normativa e foriera di successo, foss’anche la più umanitaria. Nell’analisi si presenta quel margine terribile di libertà rimasto al soggetto nelle “maglie della struttura” 3 per rendere vivibile il godimento, che lasciato a se stesso non può che ripetersi mortalmente, oltre ogni prescrizione comportamentale o superegoica.
Ma l’essere umano che , secondo Freud, nel percorso della civiltà ha già abdicato alla libertà pulsionale per la sicurezza nel sociale, è tentato di ripetere in ogni individuo la stessa rinuncia alla soggettività paurosa, nel miraggio del godimento illusoriamente prospettato come diritto eguale per tutti. E’ questa la difficoltà della psicoanalisi in ogni tempo e più ancora oggi, che le attira l’avversione di molti, nel presentare “i due principi tanto penosi per il narcisismo, l’importanza della sessualità e l’inconsapevolezza della vita psichica. (La psicoanalisi) infatti non li afferma astrattamente, ma li mostra mediante un materiale che riguarda personalmente ogni singolo individuo, costringendolo a prendere posizione di fronte a questi problemi.” 4
A cedere cioè qualcosa del godimento per portare avanti il desiderio singolare. L’analista sa quindi che la sua posizione clinica è anche eminentemente politica. L’ analisi infatti, impegnandolo dovunque si trovi ad operare non lo esonera,ma al contrario lo accompagna sulla soglia dell’atto.
1- J. Lacan , L’etica della psicoanalisi, Sem. VII, p.247
2- ,Il Sintomo , Sem. XXIII,ed. Astrolabio
3- J.A. Miller , I sei paradigmi del godimento, La Psicoanalisi n. 26, p.54
4- S. Freud , Una difficoltà della psicoanalisi, (1916) in Opere vol.8., p.664, ed. Boringhieri