Forum SLPIl debito e il debile Leonardo Leonardi
La crisi incombe come crisi del debito, passaggio cruciale in cui gli individui e le istituzioni cadono, letteralmente falliscono mostrando l’insufficienza della funzione simbolica.Nella civiltà dell’individuo contabilizzato, catalogato e mercificato i conti non tornano. Il dio mercato non è garante del resto aldilà del debito, non rimette ai suoi debitori, annuncia solo disastri, espiazioni individuali e collettive.L’insolvenza del debito evoca la pena dell’esclusione dal banchetto, dove è servito l’oggetto a, al suo zenit. Sono gli elementi di un dramma, di un lutto individuale e collettivo per cui non si hanno riti utilizzabili per l’elaborazione. Siamo abituati, alla sostituzione, al rimpiazzo di ciò che è perduto.L’ideale succube di a: vale a dire a > I (citato da Galimberti) vuole l’espansione continua, la crescita illimitata del PIL prodotto interno lordo, ma questo non è più garante della felicità, esso è appunto lordo, sporco, carico delle contraddizioni del sistema democratico e pervaso dal godimento capriccioso. Non risponde alle formule matematiche degli economisti, officianti dei misteri del mercato.Debito Dal latino debere (dovere), ciò che è dovuto secondo la legge, rinvia al padre, come anche la radice del suo contrario creditore (credere), vale a dire al riconoscimento del rapporto con l’Altro ed al debito simbolico che lo sottoscrive. Ma la liquefazione del Nome del Padre, sembra aver trasformato il debito nella contabilità del godimento, il tentativo di amministrarlo nel suo espandersi illimitato in quanto diritto da garantire. La legge svuotata del padre e dell’ideale, si polverizza nei regolamenti e negli adempimenti; il default (non adempiere) ai compiti programmati mediante le valutazioni, è un nuovo indicatore di devianza e motivo di condanna.. Gli effetti della prodigalità generalizzata giustificano l’”interdizione” e l’”inabilità” degli individui e dei governi. Sono termini giuridici che indicano l’incapacità di stare in rapporto col simbolico. Il soggetto e gli stati si scoprono debili e irresoluti. I politici non sanno più come distribuire l’oggetto, né riesce loro di cavarsela con il messaggio: “cercatelo come vi pare!” Come accade nella debiltà mentale l’espressione individuale e collettiva dei sintomi può prendere forme diverse e mutevoli: deliri per l’affermarsi di ideali mortiferi che cercano nelle catastrofi e nel nemico il proprio oggetto risolutivo; i passaggi all’atto, ormai banali nella cronaca quotidiana; Disadattamento ed esclusione di chi non corrisponde all’ideale di efficienza e di accesso all’oggetto.Il soggetto in balia di a è quindi fragile per la carenza degli strumenti simbolici (individuali e collettivi) con cui trattarne la perdita, per elaborare un lutto e ritrovare le tracce del desiderio che ne segna la via d’uscita.Nella nostra epoca vi sono sicuramente, e percepibili ovunque tutti gli elementi di una drammaturgia che deve permetterci di collocare al giusto livello il dramma con cui abbiamo a che fare quando si tratta di desiderio (Lacan seminario VIII, p. 296).