DIARIO DELLE GIORNATE DI TORINO #11
Di cosa godono i capi? Se lo chiede Luisella Brusa, che ne deduce il posto della donna in Italia, dal letto al parlamento. Tema assolutamente istruttivo, giacché il posto che una società riserva alle donne è un indice sicuramente più significativo di democrazia che non le dichiarazioni proclamate via etere, o via “telecratica”, per usare il neologismo di un film recentemente circolato. C’è un altro neologismo che è diventato titolo di un film: “Draquila”: se credevate di sapere già tutto sull’uso della protezione civile come “stato d’eccezione”, alla Carl Schmitt, ebbene andatelo a vedere! Silvia Morrone ci accompagna invece in un’altra dimensione dell’idelologia contemporanea. Ideologia! Termine che credevamo essere diventato desueto, ma che siamo costretti a riscoprire, quando percorriamo l’accostamento che Silvia ci suggerisce tra Lombroso e l’uso attuale delle neuroscienze. Marco Focchi Donne La collettività post-moderna è tenuta insieme da un imperativo morale sganciato da ogni riferimento trascendente, negativo, vuoto, che potremmo forse riassumere con « Non si danno prescrizioni morali a nessuno ». E’ una massima che chiede leader che siano all’altezza di sostenerla, diventa dunque fondamentale per la scelta del capo il suo rapporto con il godimento. Il leader contemporaneo è un leader terreno, dai tratti del paterni ma senza alcuna sottomissione a istanze trascendenti, a ideali sublimi. Abbiamo così l’interesse politico per la vita dei politici che è il tratto fondamentale della politica di oggi. Come gode Berlusconi? e Sarkozy? I politici vengono spiati, fotografati, dal buco della serratura della loro vita intima, il popolo vuole sapere. Vuole sapere NON il loro programma di governo, ma la loro vita sessuale e se lì non si trova nulla della loro passione per la bicicletta piuttosto che niente: Ah ecco, Prodi godeva ad andare in bicicletta! Berlusconi non nasconde altre preferenze. Più godono e più sono carismatiche figure di capo. Siamo nel pieno di quella che Lacan chiamava la versione paterna del garante, per-versione, pater-versione. Il padre della per-versione immanente non è il Padre Supposto Sapere, ma il padre supposto godere. E’ quella che la psicoanalisi riconosce come la realizzazione del fantasma del padre immaginario, il padre che gode. E coerentemente vediamo sorgere in ogni luogo in cui c’è un’autorità, il fantasma dell’Altro che gode, ie maestre abusanti che sorgono nelle scuole, i capi abusanti nei luoghi di lavoro, ovviamente i padri spirituali per eccellenza, i preti, non potevano scampare a questo effetto di struttura. L’Altro che gode è fonte di orrore, denuncia e fascinazione, non si parla d’altro sui giornali e in TV. In questo quadro il posto della donna è designato in un certo modo. C’è una strettoia del discorso verso la direzione della partner del padre per-verso. Freud dagli anni ’20 rilegge la perversione come struttura proprio a partire dal rapporto del perverso con la femminilità. La prevalenza dela dimensione immaginaria nella perversione impone la predominanza del fallo nella sua dimentsione immaginaria, il pene eretto; la presenza del pene o del suo sostituto, il feticcio, è la condizione del rapporto con il partner nella perversione. Il feticcio è l’oggetto che vela la castrazione sul corpo femminile, la castrazione immaginaria, l’assenza dell’organo fallico. Il feticcio può essere la giarrettiera, la scarpa, il luccichìo sul naso, il corpo bamboleggiante, qualsiasi oggetto immaginario messo nel posto de La Donna. Nel posto de La Donna che per la psicoanalisi è il posto del soggetto femminile, c’è l’oggetto feticizzato.: la velina, l’oggetto da guardare, che il padre per-verso sa far godere. Allorchè con il soggetto femminile, le cose sono più complicate. Il passaggio diretto dal letto al Parlamento, che non ha scandalizzato nessuno se non qualche anziana femminista, è l’indice di questa strettoia del discorso, che ci porta a intendere La Donna come esaurita nel suo sembiante feticista: una donna è questo. Se va in Parlamento ci va per questo, non è scandaloso La funzione che Lacan vedeva per la psicoanalisi nella modernità è anche questa: far esistere l’inconscio, far addivenire ila donna come soggetto nel luogo dell’oggetto feticista. Luisella Brusa Un esempio storico di scientismo delirante: Lombroso Il 27 novembre 2009 c’è stato a Torino il riallestimento del Museo di Antropologia Criminale Cesare Lombroso nel Palazzo degli Studi Anatomici, dove diventa accessibile al pubblico. Questo evento è stato accompagnata da numerose polemiche. Circa 6000 persone si sono infatti unite su Facebook in un gruppo chiamato “I meridionali contro il museo lombrosiano a Torino”. Lombroso, antropologo, criminologo e giurista, nel 1876 divulga la sua teoria antropologia sulla delinquenza, fondata sugli studi di fisiognomica e sul darwinismo sociale, entrambi piuttosto diffusi a quell’epoca. Lombroso era convinto che ci fosse un collegamento tra la conformazione degli esseri umani, in particolare la forma e la misura del loro cranio, e la loro attitudine a delinquere, al punto di sottoporre ad autopsia il cranio di numerosi briganti uccisi e deportati dal Meridione d’Italia in Piemonte nel corso dell’occupazione sabauda. Nel 1872, sottoponendo ad autopsia il cranio del cadavere del brigante Giuseppe Villella che veniva da una famiglia di malviventi, aveva infatti rilevato una concavità, che poi definirà “fossetta occipitale”, responsabile, a suo avviso, in quanto segno atavico, della propensione a delinquere ereditata da generazioni di criminali. Le ragioni della protesta sottolineano come le teorie lombrosiane conducano al “razzismo scientifico”, a fomentare l’idea dell’inferiorità della “razza meridionale” e mettano Lombroso sullo steso piano dei peggiori criminali nazisti. Gli organizzatori sostengono che l’intento del Museo non è quello di esaltare l’opera di Lombroso ma di storicizzarla, anche perché si tratta di un sistema scientifico ormai ampiamente superato. Sottolineano inoltre il carattere strumentale, “politico” della protesta, proprio in prossimità delle celebrazioni torinesi del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Jacques-Alain Miller nella teoria di Torino sostiene che qualsiasi discorso si fondi sull’opposizione amici/nemici (molto attuale!) non fa che intensificare l’alienazione soggettiva all’Ideale stesso e, aggiungo, rende ciechi di fronte agli effetti di questa alienazione. Infatti, l’approccio neuroscientifico, attraverso l’utilizzo dei modelli bio-psico-sociali applicati allo studio e al trattamento delle “menti” criminali, non fa altro che dichiarare, oggi più che mai, l’unanime consenso scientifico nel definire il comportamento criminale come espressione di una funzione cerebrale. Esisterebbe dunque una relazione tra comportamento violento e deficit della corteccia cerebrale, in particolare della regione chiamata lobo frontale. Le neuroscienze, rassicuranti, dicono che grazie all’individuazione dei fattori di rischio è possibile individuare quello che Eric Laurent chiamava lo psicopatico ideale ed “estirpare” il male. E anzi, si potrà parlare di civiltà e di progresso scientifico solo là dove il male sarà stato definitivamente estirpato. Per nulla rassicurati né spaventati, vi aspettiamo a Torino “dalla parte dell’inconscio”! Silvia Morrone www.museounito.it/lombroso