Al Forum Ma che vuole l’Italia? I paradossi della colpa: potere donne corruzione, Giorgio Blandino propone il tema del rapporto tra psicoanalisi e politica.
Ecco qualche spunto dal suo intervento. Psicoanalisi e politica La politica italiana alla luce della teoria degli assunti di bade di Bion L’intervento cercherà, sia pure per grandi linee, di fornire una lettura psicodinamica della situazione socioculturale italiana, e delle interazioni sociali e politiche che ne conseguono, alla luce della prima teoria bioniana sui gruppi e della successiva teoria del contenimento. Nell’intervento dunque si cercherà di mostrerà il ruolo degli Assunti di base bioniani (dipendenza, attaco-fuga, accoppiamento) e della successiva Teoria dell’attaccamento nell’ostacolare la costruzione e lo sviluppo della identità e coesione nazionale e lo sviluppo del senso di responsabilità democratico collettivo. Questa lettura non significa « stendere sul lettino » la società italiana, operazione senza senso né scientifico né tantomeno politico, bensì mostrare come certe resistenze al cambiamento e certa immobilità propria della situazione italiana abbia radici in meccanismi di difesa sociali (vere e proprie « sindromi psicosociali », come le chiama Di Chiara) radicati nella storia e nella psiche collettiva italiana. E intende mostrare come, se la politica ne fosse più consapevole, potrebbe giovarsene per proporre prospettive di osservazione e di intervento ben più articolate e moderne che non quelle meramente socioeconomiche fondate sul PIL. Giorgio Blandino L’inconscio è il politico Psicoanalisi e politica: di questa articolazione Lacan ha tracciato le direttrici. Nel suo scritto La direzione della cura egli distingue ciò che orienta la direzione di una cura psicoanalitica: la tattica, la strategia e la politica, ponendo quest’ultima come la leva su cui poggiano le altre due. La dimensione politica entra così in modo radicale nella psicoanalisi, poiché ne condiziona la finalità e la sua conclusione. C’è un’altra dimensione dell’articolazione tra psicoanalisi e politica e riguarda le condizioni che possono assicurare l’avvenire della psicoanalisi. Se ne deduce che se « l’inconscio è il politico » , non si può dire la stessa cosa della psicoanalisi, la cui politica si deduce dalle finalità che ciascuna cura mira a rendere effettive alla sua conclusione. Abbiamo quindi due dimensioni della politica della psicoanalisi che riguardano da una parte la posizione dello psicoanalista nella cura, dall’altra la posizione dello psicoanalista in relazione al destino del discorso analitico. Possiamo dire che l’invenzione da parte di Lacan del discorso analitico sovverta i rapporti della psicoanalisi con il politico e la politica. Mentre Freud – nonostante testi come Psicologia di massa e analisi dell’io, Perché la guerra?, Il disagio della civiltà, che non sono senza interesse nel chiarire la cosa politica – si era tenuto a una certa distanza dal discorso politico, Lacan con l’invenzione dei discorsi formalizza la struttura specifica di ciascun discorso che riguarda il campo sociale e vi articola il posto particolare della psicoanalisi. Lacan spingendosi fino a definire il discorso del padrone, vale a dire la visione politica del mondo, come il rovescio della psicoanalisi, invita gli psicoanalisti ad essere al corrente della cosa politica e a prendere la politica sul serio. Rosa Elena Manzetti
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