DIARIO DELLE GIORNATE Di TORINO #3
Appena avviato il nostro dibattito sulle giornate di Torino, si è subito sentita una temperatura diversa nella Scuola. La voglia di partecipazione si è fatta percepire concretamente, tanto che avevamo previsto una sala supplementare per gli interventi nelle simultanee, ma neanche questa basterà, e stiamo pensando ulteriori ampliamenti del programma. Stiamo uscendo dall’inibizione che a volte ci ha resi esitanti nel parlare, nel proporci, nel far sentire concretamente la nostra partecipazione? Probabilmente non è neppure questo. È piuttosto che tutti si rendono conto che è un momento nuovo, e che sta cambiando il nostro modo di comunicare, che la partecipazione sommersa non è più sentita come effettiva, e che ci si accorge dell’importanza di esporsi e di dar testimonianza della vitalità della psicoanalisi con la propria presenza viva, desiderante, non annullata dagli imperativi del conformismo. A Torino dunque, per trovare il linguaggio della psicoanalisi nel XXI secolo!
In questo numero l’intervento del nuovo AE della Scuola Sergio Caretto, che ha saputo conquistare, con il suo umorismo mordace, la platea parigina dell’AMP, e che ci offre qui un breve saggio della sua verve, nell’attesa di sentire dal vivo la sua testimonianza.
Marco Focchi
Dall’inconscio sotto scanner all’inconscio sotto transfert
Mai come in questi giorni Torino è affollata di turisti che, dalle sette del mattino alle otto di sera formano un lungo serpentone nell’attesa di potere ammirare l’ostensione della Sindone, ostensione che si chiuderà la settimana prima dell’avvio del nostro Forum e del Convegno “Dalla parte dell’inconscio”. Se la nostra Scuola di Psicoanalisi avesse ceduto alle sirene delle neuroscienze, avrebbe potuto certamente “sfruttare” l’evento della Sindone mettendo quale sottotitolo del convegno: “Ostensione dell’inconscio”. Al posto di fare giungere i testi del convegno alla commissione scientifica, l’amico Carmelo Licitra Rosa e gli altri componenti del comitato scientifico avrebbero potuto selezionare gli interventi scannerizzando l’inconscio dei candidati a seconda dei sogni, dei lapsus e dei motti di spirito. In seguito, sul grande schermo, tutti ad assistere e applaudire in diretta all’illuminazione delle differenti zone cerebrali di colui che sogna, dimentica, aggredisce e così via. Dopo avere visto e creduto all’esistenza dell’inconscio, il convegno avrebbe potuto concludersi sulla valutazione dell’efficacia dell’esperienza analitica comparando ora l’illuminazione del cervello degli AME con quello degli AE, degli ex AE, degli AP e di un qualcuno che non è in analisi. Risolto anche il problema se l’inconscio sia di destra o di sinistra, terminato l’evento, tutti a casa convinti e soddisfatti con la foto del proprio inconscio quale attestato di partecipazione da appendere alle pareti del proprio studio a testimonianza dell’esistenza di questo.
Situarsi dalla parte dell’inconscio, oggi come ieri, per noi vuole dire schierarsi dalla parte del soggetto, lasciare che questo possa parlare in lui fino ad approdare a quel punto ombelicale in cui questi può ritrovare quelle stigmate singolari lasciate dall’incontro del linguaggio con l’essere, grazie al quale un corpo, un corpo parlante, può ritagliarsi. Testimoniare ciascuno della singolarità di questo incontro è una questione etica, un’occasione per rispondere insieme e uniti all’avanzata di un discorso la cui violenza è l’esito ultimo dell’abolizione del soggetto della parola. All’inconscio sotto scanner non possiamo che rispondere con l’inconscio sotto transfert.
Sergio Caretto