I congressi dell’AMP sono dei momenti decisivi per realizzare delle comunità di lavoro tra le scuole, tra psicoanalisti di lingue e orizzonti diversi, in una parola per far esistere la Scuola una. Questa Scuola una, nei suoi incontri biennali, tenta di rispondere alla domanda «cosa c’è di nuovo nella psicoanalisi?» riguardo ad un certo numero di punti definiti nella pratica dei suoi membri. Questo «cosa c’è di nuovo nella psicoanalisi?» è allo stesso tempo, ogni volta, un modo di effettuare un ritorno a Freud e nello stesso tempo di affermare la nostra eresia rispetto a Freud. L’eresia lacaniana, ha avviato un rinnovamento radicale della pratica freudiana e questo slancio deve essere sempre approfondito. Ogni congresso, in qualche modo, è eretico. L’ultimo congresso “Le psicosi ordinarie e le altre, sotto transfert”, aveva un tema che prendeva esplicitamente le distanze dalle interdizioni poste da Freud sul maneggiamento del transfert nella psicosi, per esempio nel Compendio di psicoanalisi. All’inizio, Melanie Klein e i suoi discepoli hanno osato andare al di là dell’interdetto, e hanno mostrato che era possibile fondare una pratica psicoanalitica con gli psicotici. Lacan ha, su altre basi, costruito un “ritorno a Freud” che permetteva anche di sviluppare un trattamento possibile delle psicosi. In occasione del nostro ultimo congresso noi abbiamo esplorato come questo approccio include le psicosi ordinarie, nuova categoria.
Il nostro prossimo congresso toccherà un punto cruciale quanto quello del transfert. Noi ci chiederemo cosa ci sia di nuovo nell’interpretazione del sogno. Nell’eccellente testo che ci hanno presentato Fabian Naparstek e Silvia Baudini, la questione cruciale è posta dall’inizio, in esergo. Lacan propone un approccio antifreudiano del sogno. «Io ho il diritto, proprio come Freud, di rendervi partecipi dei miei sogni. Contrariamente a quelli di Freud, essi non sono ispirati al desiderio di dormire. È piuttosto il desiderio di risveglio che mi anima»[2]. È a partire dal seminario Ancora, 13 Febbraio 1973, che Lacan generalizza l’idea che il sogno deve essere approcciatoin quanto strumento di risveglio[3]. Questo implica di trattare quel che Freud aveva chiamato Principio di Piacere, come limite e temperanza del godimento. È a ciò a cui si consacra il seminario Ancora, in molteplici modalità. Dire che il sogno è uno strumento di risveglioimplica quindi trattaredella veglia. Freud è partito dall’opposizione tra sonno e veglia alla stregua di un’opposizione naturale, quasi-biologica. Si dorme, ci si risveglia. La sua pratica lo ha portato a considerare i fenomeni di risveglio nel sogno. È a partire da lì che Lacan ha sovvertito l’evidenza del limite tra risveglio e sonno per destarci, noi suoi lettori, circa un’altra cosa. Egli così ha prodotto una serie di enunciati talvolta contraddittori come: «l’inconscio è esattamente l’ipotesi per la quale non si sogna solamente quando si dorme»[4]; «essi si svegliano, cioè continuano a sognare»[5]; «io rientro come tutto il mondo in quel sogno che si chiama realtà»[6]; «non ci si sveglia mai»[7], «il risveglio assoluto è la morte»[8]. Questi enunciati definiscono bene un rovescio dell’approccio di Freud al sogno che si inscrive nell’orizzonte de “l’Altro Lacan” che Jacques Alain Miller aveva delineato dalla fine degli anni settanta[9].
Ciascuna di quelle citazioni meriterebbero di essere commentate da sé, una per una ciascuna nel suo contesto. Se noi le enunciamo nello stesso tempo, in una stessa catena significante, abbiamo bisogno di una qualche flessibilità dialettica per poterle leggere e farle risuonare nella maniera giusta. «Il desiderio di risveglio è un desiderio particolare»; «ci si sveglia per continuare a sognare»; «non ci si risveglia mai»; «il risveglio assoluto è la morte», l’accostamento è delicato ma l’insieme definisce una nuova prospettiva. Questo nuovo approccio del risveglio è consonante con l’illuminazione buddista. Se si dice di Budda che è l’ “illuminato”, ed è rappresentato in generale come dormiente, è che egli è assolutamente liberato dal desiderio. Egli sa che il desiderio non è che sembiante[10].
Il risveglio a cui Lacan ci esorta, fa del sogno uno strumento di risveglio. Ciò vuol dire che egli permette di articolare in maniera nuova il desiderio e ciò che è a esso incompatibile, il godimento. Il sogno diviene una nuova introduzione all’opposizione tra desiderio e godimento. Il godimento, in questo senso, non è la realizzazione di un desiderio. Esso è ciò che non può articolarsi sul cammino del desiderio.
Così, è risveglio tutto ciò che è attraversamento, alterazione, turbamento dell’omeostasi del principio di piacere che garantisce la vita. L’inconveniente assoluto della vita, in questo senso, è la morte. Il risveglio assoluto è la morte. Nel frattempo, i piccoli risvegli, parziali, destano colui per il quale essi sono delle fratture dell’omeostasi. Il principio di piacere è il principio del senso. I risvegli parziali si producono quando la barriera del senso è superata. Si può concepire il risveglio finale come una mostrazione del godimento in una sorta di corto-circuito fuori-senso? A noi servirà all’inizio passarvi dal percorso della logica lacaniana del maneggiamento del senso. Bisogna innanzitutto servirsene per oltrepassarlo. Bisognerà innanzitutto decifrare i sogni, attraversare le orge d’interpretazioni del senso, accompagnare l’analizzante a sfoltire tutte le associazioni possibili sul sogno, per giungere infine, in un secondo tempo, una volta che ce ne si è serviti e bene, a un punto fuori-senso.
Si arriva così, alla fine di un’analisi, come Marie-HélèneBrousseha potuto mostrare nella serie di sogni di fine analisi degli AE, all’incontro con un fuori-senso nel sogno. È allora che il sogno diventa strumento del risveglio, quando esso mostra un punto in cuiqualcosa non si può più dire. Qualcosa cessa di non scriversi. Non si tratta di un’iscrizione definitiva, come si è già notato per i nomi del godimento che si disvelano a fine analisi. L’importante è l’evento del sorgere di quello spazio fuori-senso. È l’esp. d’un rev. Questi significanti separati dal loro senso, queste onomatopee rispondono le une alle altre. Le Kekkekdi uno raggiungono le crac e le boum e le huh degli altri. Non è un’iscrizione sul marmo, l’Es viene a mostrare, l’Es mostra. Se si presta troppa attenzione, l’Essvanisce e non mostra più niente.
Quello che Es mostra, lo approcciamo con la logica della mostrazione secondo Wittgestein. Certamente, per lui, il problema non è il godimento o il desiderio, ma il linguaggio, composto da tutto ciò che si può dire, dall’insieme di proposizioni e il mondo rinvia a esso. Egli sostiene che il linguaggio non può che mostrare il mondo. Il linguaggio dal punto di vista logico, è in ultima analisi una tautologia. Egli arriva a dirci che A=A. Ma che cosa vuol dire A? Ci sono degli altri discorsi, l’etica, la religione, l’arte che arrivano a mostrarlo. Trasponiamo il problema di Wittgestein. Come si potrà mostrare il godimento con uno strumento come il linguaggio? Ecco la nostra sveglia.
Noi ci dirigeremo poco a poco verso questo congresso, verso questa sveglia. Bisognerà tenerci sulle spine per due anni, avere l’idea che noi avanziamo verso l’apertura alle prospettive dell’ultimo insegnamento di Lacan, per non parlare del commento a Il sogno dell’iniezione a Irma del Seminario II. Noi dovremo mangiare il libro a sufficienza per comprendere ciò che questi cambiamenti di prospettiva implicano nella pratica dell’interpretazione del sogno. Noi dovremo mostrare che sappiamo servirci di quel che Freud ci ha lasciato, delle finzioni freudiane, del senso sessuale, e della finzione del Nome-Del-Padre di cui bisogna fare uso. E se noi prendiamo atto della difficoltà, dello scarto, tra la pratica freudiana e la pratica lacaniana segnata dall’ultimo insegnamento, in ogni caso quella alla quale Lacan cerca di svegliarci, allora noi potremo forse arrivare al congresso anche sufficientemente disponibili per fare, per un momento, una vera e propria comunità di lavoro di scuola Una e rispondere assieme alla bella questione che è stata posta molto bene tanto nel testo di Silvia Baudini che in ciò che ci ha fornito Marie-HélèneBrousse: cosa c’è di nuovo nella pratica del sogno 120 anni dopo? L’incontro decisivo sarà al congresso. Nel frattempo, noi diremo tutto ciò che noi possiamo per prepararci all’incontro.
Gennaio 2019
Traduzione: Darío Alparone
NOTE
- L’espressione riprende quella usata da Lacan all’inizio della prefazione all’edizione inglese al Seminario XI in riferimento al lapsus:«l’esp d’un laps». Si tratta di una formulazione contratta di«l’espace d’un lapsus», letteralmente«lo spazio di un lapsus». «L’esp d’un laps» sottolinea ancora di più la discontinuità del manifestarsi dell’inconscio, il “lasso” (laps) come intervallo in cui può mostrarsi, nell’attimo fulmineo del lapsus, la verità.E. Laurent sostituisce quindi “lapsus” con “ sogno” (rêve), altra formazione dell’inconscio[N. d. T.].
- Jacques Lacan, La Troisième, (1974) in La Cause freudienne, N°79, Navarin éditeur, 2011, p. 24
- Jacques Lacan, Le Séminaire, Livre XX, Encore, Seuil, 1975, pp 52-53.
- Jacques Lacan, le Séminaire, livre XXV, Le moment de conclure, Ornicar ?, n°19, Paris, Lyse, 1979, p.5
- Jacques Lacan, Le Séminaire, Livre XX, Encore, Seuil, 1975, pp 52-53.
- Jacques Lacan, Le Séminaire, Livre XXII, R.S.I., leçon du 11 février 1975, inédit
- Jacques Lacan, Improvisation: désir de mort, rêve et réveil, l’Ane n°3, 1974.
- Ibid.
- Jacques-Alain Miller, Réveil, Ornicar ? n°20/21, été 1980.
- Frank Rollier si è cimentato a presentare l’insieme di quelle citazioni in un articolo disponibile on-line : Puis-je espérer me réveiller un jour?.