Alle porte del X Convegno della SLP la Presidente Paola Francesconi invita e apre il dibattito on line con queste sue riflessioni di introduzione al tema.
Paola Francesconi
Se da un lato l’insegnamento di Lacan è impossibile da sussumere in un manuale, che faccia l’economia dei concetti da lui via via elaborati in un compendio sintetico che ne estragga la sintesi, non si può negare che il vettore che attraversa tali concetti vada sempre dal molteplice all’uno. Dai fantasmi al fantasma, dalle identificazioni all’identificazione, dai sintomi al sinthomo, dai godimenti al godimento, la freccia è sempre puntata verso l’uno. Non l’uno della sintesi, ma l’uno residuale, l’uno che affiora più come decompletamento, come cifra, che come sintesi di senso. Punta a quel “c’è dell’Uno” messo a tema nelle sue conseguenze sia teoriche che cliniche da Jacques-Alain Miller nel suo Corso dell’anno passato.
Così, la molteplicità delle identificazioni non potrà mai giungere alla identificazione finale, quella più vera, più profonda: e questo sia per struttura che per anomalia epocale, come accade in questo XXI secolo avido di riferimenti identificatori lenitivi dell’angoscia di vivere quanto avido del loro contrario, di una precarizzazione di ciò che appena prima sembrava il “se stesso” più vero. Come articola Eric Laurent nel suo testo *La passe et les restes d’identification* (in La Cause Freudienne n°76), “l’identificazione è multipla, ma impossibile”, non può che restare multipla, diremmo. Che non ci sia ultima parola a livello dell’identificazione è quello che ascoltiamo nelle testimonianze di passe. Dal molteplice delle identificazioni l’uno cui si giunge non è più dello stesso ordine, non è più dell’ordine del significante, l’identificazione che si ottiene non è più della stessa stoffa delle identificazioni da cui si è partiti. Dal plurale al singolare il processo non è naturale, spontaneo. E’ questo il motivo per cui il titolo di questo nostro Convegno costituisce una tesi riferita al contesto di una esperienza psicoanalitica. E’ il vettore che si disegna nel corso di una esperienza psicoanalitica.
La molteplicità e l’unicità si collocano su due registri diversi: l’unicità non è l’uno per tutti, omogeneo, standard, ma l’uno che veicola la singolarità più radicale a ciascuno. Le identificazioni non convergono su “una” ma su “uno”, che estrae da esse non un tratto solo simbolico, ma anche un valore di godimento. Questo ci aiuta a concepire la separazione di identificazioni e godimento, possibile solo a partire da una congiunzione precedente. Lacan ha mescolato identificazione e valore di godimento, la loro distinzione presuppone la loro congiunzione.
Alla fine di un’analisi il soggetto non approda a una conoscenza di se stesso, non afferra il se stesso che è o il se stesso di cui aspira a conoscere il desiderio più profondo. La conoscenza che si ottiene alla fine di un’analisi è quella non di un essere ma di un godimento, racchiuso in un sintomo. Non si conosce chi si è veramente ma come si gode. E comunque si tratta di una conoscenza che non è sussumibile in una significazione: il godimento non si può significare, non è afferrabile con una significazione, non “è questo”. Sia a livello del fantasma che del sintomo, non è racchiuso in una significazione.
Il soggetto non può significare il proprio godimento: è qui che si opera il salto al registro di qualcosa che si mostra, non che si significa. Jacques-Alain Miller ha messo in luce tale formulazione laddove definisce il reale che resiste alla significazione, come reale che si dimostra, non che si significa, appunto. Da un uso del significante semantico a un uso del significante logico. Senza significazione, ma non senza logica. Il termine dell’analisi mostra che i significanti identificatori residuali hanno valore di godimento e non più di senso. Nel significante portato al suo esaurimento si mostra qualcosa di tutt’altra natura, la batteria dei termini isolatisi dalla esperienza si separano dal senso e si mostrano nella loro materialità, potremmo dire, nella loro letteralità. L’S1 è ridotto al suo osso letterale.
Così, più che disegnarsi una mediazione possibile tra significante e godimento, che fino a un certo punto dell’insegnamento di Lacan si incontravano nell’oggetto a, ambocettore come lo definisce Jacques-Alain Miller, l’ultimo insegnamento di Lacan che prendiamo a viatico di questo nostro Convegno fa saltare questa mediazione per articolare in modo diverso i due registri. Salta l’ancoraggio, il punto di fissazione del significante nel godimento stabilito come legge, pur particolare a ciascuno, per far emergere l’elemento reiterativo, la pura reiterazione dello stesso, che non è lo stesso significante, ma è lo stesso del godimento “nel” significante. Se, retroattivamente, si può dire che ogni identificazione nasconde un godimento, non è puramente significante, dall’altro si deve anche dire che il suo approdo è ad un godimento fissato al corpo, residuale. E’ ciò che fa dire a Lacan , a differenza di Freud, che i resti sintomatici, non negativizzabili, ci saranno sempre: propongo, su questo, di distinguere l’inguaribile o l’incurabile freudiano dall’intrattabile lacaniano.