L’AVVENIRE DI MYCOPLASMA LABORATORIUM
Comunicazione alle XXXVI Giornate dell’ECF
7 ottobre 2007
Jacques-Alain Miller
Un dispaccio dell’Agenzia France Presse è giunto al momento giusto per fornirmi la mia introduzione. È arrivato ieri sera alle 21 e 24, proveniente da Washington, capitale degli Stati Uniti.
Craig Venter – il famoso ricercatore di punta in biotecnologie, che, con la sua equipe, era stato in testa alla corsa per decifrare il genoma umano e che aveva fatto parlare di sé in quanto aveva voluto brevettare la sua scoperta –, Craig Venter ora dice, lo cito, “di essere sul punto di creare una nuova forma di vita”. La notizia potrebbe diventare ufficiale già questo lunedì, alle Giornate di studio annuali del Craig J. Venter Institute di San Diego, in California.Per la prima volta al mondo, un cromosoma sintetico sarebbe stato realizzato in laboratorio. Un’equipe di 20 ricercatori, sotto la direzione del Premio Nobel Hamilton Smith, sarebbe riuscita a incollare, raccordare, articolare una sequenza di DNA della lunghezza di 381 geni (ricordo che il genoma umano ne conta circa 34.000).I biotecnologi sono partiti dall’organismo vivente più semplice a conoscenza d’uomo, l’organismo unicellulare che chiamiamo batterio, nel caso specifico il batterio Mycoplasma genitalium, che si trova nelle vie genitali. Il suo patrimonio genetico di 517 geni è stato artificialmente ridotto di un quarto per far nascere, se così possiamo dire, il cromosoma sintetico. Questo, in seguito, è stato trapiantato e innestato su una cellula batterica viva. Esso dovrebbe riuscire ad assumerne il controllo e a pilotarla. Sarebbe, allora, una “nuova forma di vita”. Il batterio così manomesso ha ricevuto il nome di Mycoplasma laboratorium.Se ho ben compreso la notizia, Mycoplasma laboratorium è un’entità mista, ibrida; la molecola è naturale; il suo DNA, invece, è artificiale. Resta da sapere se questa nuova forma di vita riuscirà a riprodursi e a metabolizzarsi. Interrogato dall’Agenzia France Presse, un portavoce dell’Istituto ha indicato che questo non è ancora stato fatto. “Quando l’avremo fatto”, ha detto, “ci sarà una pubblicazione scientifica e ci vorranno sicuramente dei mesi prima di realizzarlo.” Nondimeno, Craig Venter ha dichiarato al giornale The Guardian: “Sapevamo leggere il nostro codice genetico. Presto saremo capaci di scriverlo.” Ha l’intenzione di brevettare il nuovo batterio e di permettere il suo utilizzo solo sotto contratto di licenza con il suo Istituto.
Questa avanzata sensazionale della biotecnologia mette già in fermento gli organismi di vigilanza in bioetica. Il direttore di un’organizzazione canadese ha dichiarato: “What does it mean – che significa creare delle nuove forme di vita in un tubo di laboratorio? Il signor Venter ha messo a punto un telaio sul quale si può costruire quasi qualsiasi cosa, nuovi farmaci come pure armi biologiche.” Craig Venter ha risposto: “Abbiamo la sensazione che that is good science. È un passo filosofico molto importante nella storia della nostra specie. Tentiamo di creare un nuovo sistema di valori concernenti la vita. Su questa scala, non possiamo attenderci che tutti siano contenti, happy.” Non, tutti non sono contenti. I progressi della biologia nel XXI secolo saranno sicuramente quello che fu la fisica nel XX secolo, come scriveva di recente Freeman Dyson nella New York Review of Books. L’industria biotecnologica, di conseguenza, avrà sicuramente una crescita esponenziale. Contemporaneamente, la vita, nelle sue forme conosciute sin dall’origine dei tempi, trova i suoi difensori. Sono i settari della tradizione, che popolano i comitati d’etica e le organizzazioni di bioetica, dagli umanisti laici sino alla Chiesa. Quest’ultima, su questo tema, porta avanti una lotta politica multiforme, che va dall’aborto alle cellule staminali. Nel futuro sarà, possiamo prevederlo, Vade retro Mycoplasma laboratorium. E gli psicoanalisti in tutto ciò?La psicoanalisi non è sicuramente una nuova forma di vita, ma è probabilmente una nuova forma di discorso, il prodotto artificiale della logotecnologia più avanzata. Non è sicuro che i suoi praticanti si siano già messi al passo del discorso inedito che essi servono, nonostante lo sforzo prolungato di Lacan per estrarre il DNA freudiano, vale a dire la sequenza significante che pilota la pratica, dalla sua ganga, concrezione di antichi discorsi e di ideologie desuete. L’inerzia ideologica, vale a dire immaginaria, in essi regolarmente prevale sul dinamismo simbolico del discorso e si traduce nella realtà effettiva con una pratica spesso esitante, incerta nella sua problematica. La maggior parte degli psicoanalisti esistenti al mondo, per non dire la quasi totalità, sono così dei tradizionalisti. Adottano del tutto naturalmente le posizioni umaniste e clericali, nella speranza di prolungare il mondo che hanno conosciuto e d’imbrigliare, o addirittura di fermare, il movimento attuale della scienza come pure le incidenze che quest’ultimo ha sulle dimensioni politiche e sociali della realtà effettiva. Sono incoraggiati a comportarsi così dal pessimismo innato di Sigmund Freud, che era persuaso di aver riconosciuto, nell’essere umano, attraverso la sua esperienza, una pulsione specifica, la pulsione di morte, di cui il XX secolo gli aveva permesso di constatare le devastazioni su vasta scala con l’esplosione di una guerra mondiale, nel 1914, e con il crollo dell’equilibrio delle potenze voluto da Bismarck (si veda il trattato di Berlino del 1878 e l’Atto finale della Conferenza di Berlino del 1885). Simultaneamente, il sistema di valori della democrazia americana, così opposto a quello dell’Austria-Ungheria e, più in generale, a quello della vecchia Europa, aumentava in potenza e iniziava il processo della sua mondializzazione la cui evidenza s’impone all’inizio del XXI secolo. Il cambiamento dei fondamentali della tradizione europea a Freud sembrava al contempo irresistibile e che si potesse realizzare solo nel peggio.
Nella sua Etica della psicoanalisi, che riprende il Disagio della civiltà, Lacan s’iscrive nella stessa linea. Riconosce la pulsione di morte all’opera nel predominio acquisito dal discorso scientifico, nelle sue prodigiose avanzate, nella sua vera e propria frenesia e nelle sue conseguenze sui modi di vita e di godimento: la moltiplicazione e il rinnovamento incessante degli oggetti tecnologici, che fanno nascere domande sempre più pressanti e che offrono soddisfazioni sempre più disponibili, che non per questo estinguono la mancanza-a-godere ma, al contrario, che la diffondono su tutta la superficie del globo, portandola a un’intensità mai vista prima, che mette in movimento le società definite, a-storiche, fredde, e che porta a ebollizione le società calde. Come il pessimismo freudiano, il pessimismo lacaniano è fondato sulla convinzione che ogni cambiamento va verso il peggio e che questo peggio s’imporrà in modo irresistibile, che è programmato, che è sicuro. Ma, in Lacan, è presente una nota che non si trova in Freud: una nota per l’esattezza sardonica, un tono beffardo e cattivo nei confronti di un’umanità che, attraverso successi sensazionali, di fatto lavora per la propria rovina. Nessuna pietà per l’umanità! Il destino di tale genia, di questa forma di vita intrinsecamente perduta è quello di riassorbirsi dopo aver apportato alla natura tutte le trasformazioni, tutte le devastazioni che sono condizionate dal fatto che questa specie, poiché essa parla, è al contempo snaturata e snaturante, se così posso dire. Si vedrà, leggendo quest’anno il Seminario XVIII e il Seminario XIX in una forma finalmente degna dell’autore, l’attenzione che Lacan aveva rivolto alla scoperta del codice genetico. Si vedrà che era incuriosito dalla forma di vita unicellulare dei batteri. Si vedrà anche che egli profetizzava grandi cambiamenti nell’organizzazione della vita e della sua riproduzione.Lacan ostentava la sua china beffarda e non nascondeva la sua cattiveria: “Non ho buone intenzioni”, diceva. Il fatto è che le buone intenzioni non garantiscono nulla. Come sappiamo l’inferno è lastricato di buone intenzioni. È impossibile dirigere una cura analitica verso la sua conclusione logica se l’analista non è abbastanza vicino alla sua propria cattiveria per squarciare i veli della pietà e del terrore. La beffa e la cattiveria non sono soltanto dei tratti caratteriali di Lacan. La beffa che va a braccetto con la cattiveria si unisce in corteo a ciò che, dall’analista, ci si attende quanto a lucidità. Gli psicoanalisti non devono unirsi al coro delle prefiche che sospirano pensando al tempo che fu. Ognuno di loro è libero d’essere umanista, se ne ha voglia, cristiano, perchè no, ma, come analista, non può essere tradizionalista poiché questa posizione reattiva, reazionaria, conservatrice, va in senso inverso al suo atto. Questo non significa comunque che lo psicoanalista possa condividere l’entusiasmo dei manager del progresso scientifico, che vedono già le casse dei loro istituti riempirsi dei redditi derivanti loro dai contratti di licenza che firmeranno per l’utilizzo dei loro cromosomi brevettati. No. L’analista si sottrae a tutto ciò. Non mangia di questo pane, del pane del progresso. Non sta neppure al gioco vano della tradizione. È spettatore, ride di gusto di fronte alla tragicommedia di cui l’umanità, i trumani, (*) come scrive Lacan, gli danno lo spettacolo.No, non è un’anima bella, poiché gli importa che, nei giganteschi rimaneggiamenti in corso del discorso, della vita e della società, la psicoanalisi continui ad aprirsi la sua propria strada nella Wirklichkeit, nella realtà effettiva. E gli importa che ce ne siano altri come lui che non si lascino abbindolare né dalla tradizione né dal progresso. E, dato che essere non-credulone assoluto significa l’erranza assicurata, la terza via deve essere quella del discorso analitico.Siamo ancora lontani da ciò, noi pensiamo. Il discorso analitico è assai povero, misero, se lo paragoniamo agli splendori accumulati nel corso dei secoli dalle tradizioni religiose e umaniste, se misuriamo i suoi balbettamenti rispetto al progresso implacabile del discorso della scienza e alle ricchezze assai materiali che vengono a riempire le casseforti del capitalismo industriale e finanziario. Ebbene, nella sua stessa indigenza, il discorso analitico occupa tuttavia, nell’urto tra la tradizione e il progresso, una posizione originale, strutturalmente prescritta e che si rivelerà inespugnabile solo se gli psicoanalisti sapranno salire sulla balestriera della loro fortezza.
Il destino della psicoanalisi non è per niente legato alla vitalità del Nome-del-Padre ereditato dalla tradizione. Il declino del Nome-del-Padre è stato annunciato sin dal XIX secolo, Balzac lo segnala, per effetto dei rimaneggiamenti indotti nella società dall’aumento di potenza della modalità di produzione capitalista, essa stessa condizionata dalla rivoluzione tecnologica della fine del XVIII secolo, conseguenza della rivoluzione scientifica del XVII secolo. Le avanzate della biologia nella seconda metà del XX secolo hanno potentemente scosso l’ordine del mondo fondato sulla prevalenza del Nome-del-Padre e del Nome-di-Dio. Questa scossa, ormai percepibile da tutti, è all’origine della reazione tradizionalista, che assume la forma dei movimenti detti fondamentalisti. Tali movimenti, che non esistono nelle zone del globo contrassegnate da religioni senza Nome-del-Padre, (1) restano moderati in quelle zone in cui si era imposta una concezione trinitaria, che tampona l’assoluto del Nome. Sono già più estremisti là dove il culto del Nome unico è tradizionale, nel giudaismo. Ricorrono decisamente al mass murder là dove il Nome è tradizionalmente chiamato a regnare sulle menti e sulla società in una forma assoluta, intendo dire in terra d’Islam.Possiamo sin da ora prevedere le immense convulsioni che porterà con sé, nel corso del secolo presente, la comparsa probabile di nuove forme di vita sintetiche, messe a punto in laboratorio, non più in nome del Padre, ma in nome del progresso scientifico e dei benefici che ne sono attesi. Non si tratta più di leggere, ma di scrivere il codice genetico: non è ancora stato fatto ma, da ieri, è stato detto ed è probabile che verrà fatto.È qui che è opportuno intendere di nuovo la vocina di Jacques Lacan e il suo detto aforistico, per molto tempo enigmatico, criptico: “Non c’è rapporto sessuale – rapporto sessuale che possa essere scritto.”
Questo è un caveat fondamentale, una clausola d’impossibilità estratta da Lacan dall’esperienza condizionata dal discorso analitico e di cui egli si è sforzato di dimostrare la pertinenza nei suoi Seminari XVIII e XIX all’inizio degli anni ‘70. Oggi, nel 2007, essa vuol dire questo. La riscrittura in corso del patrimonio genetico degli esseri viventi molto probabilmente farà nascere nuove forme di vita. Questa riscrittura finirà certamente per toccare lo stesso genoma umano. Compariranno forme inedite di riproduzione del vivente. Nondimeno, possiamo essere certi che, relativamente alla specie umana, rimarrà impossibile scrivere nel codice genetico il rapporto sessuale che non c’è. Nel parlessere, il rapporto sessuale è condizionato dal linguaggio o, più precisamente, dalla pratica di lalingua. Ne consegue che egli distingue nel suo corpo degli organi che prendono valore di significante. È il caso, in particolare, dell’organo maschile della riproduzione. È anche il caso di un’entità materiale escreta dal corpo, ovvero l’oggetto anale, e dell’entità materiale necessaria alla sua sussistenza e prelevata dal corpo materno, l’oggetto orale. Lo stesso si può dire di oggetti la cui materialità è certa, benché meno evidente, lo sguardo e la voce. Questi oggetti hanno valore di significanti immaginari. Avendo valore di significanti, essi sono potenzialmente portatori di significazioni. Tali significazioni non sono generiche e necessarie; data la struttura della relazione tra il significante e il significato, esse sono individuali e aleatorie. Ora, esse interferiscono necessariamente nell’instaurazione del rapporto sessuale, al punto che risulta che il parlessere è in rapporto con questi oggetti, piuttosto che con il partner sessuale propriamente detto.
In psicoanalisi si è potuto mostrare che, in un soggetto dato, la scelta d’oggetto sessuale, di fatto, era guidata dall’implicazione di tale oggetto sessuale in alcune delle significazioni legate agli oggetti primordiali che noi abbiamo enumerato. La modalità di godimento del parlessere è influenzata da questo sin nel profondo e ne risulta fondamentalmente diversificata secondo gli individui della specie, anche se, grosso modo, si può distinguere il modo di godere dell’individuo maschio dal modo di godere dell’individuo femmina. Questa estrema individuazione del modo di godere secondo le significazioni in gioco obbliga, d’altro canto, a mettere in funzione il soggetto del significante, invece che l’individuo della specie.
Per dirlo in termini tecnici, il rapporto del soggetto con il fallo e, più in generale, con l’oggetto piccolo a, esiste in quanto tale, si trova in tutti i soggetti dotati di parlessere, dipende, diciamo, dal reale. In compenso, il rapporto con l’altro sesso non esiste in quanto tale, esso dipende, diciamo, dal sembiante. Il rapporto sessuale costituisce nel parlessere una vera e propria faglia del reale che nessuna ingegneria biotecnologica, nessuna biologia sintetica, potrà mai colmare, salvo togliergli la facoltà di parlare, salvo realizzare l’ablazione del simbolico. È in questa faglia che proliferano i fantasmi, i deliri, e anche le epopee di cui la specie umana risulta capace, nel registro religioso come pure in quello del sapere scientifico e delle tecnologie che lo sfruttano e che l’orientano. L’esperienza analitica, che ormai ha un secolo dietro di sé, mostra, se la si legge come si deve, che la scelta d’oggetto sessuale propria di un dato soggetto è caratterizzata da tre tratti costanti: la contingenza; la singolarità; l’invenzione.
Contingenza. Il difetto di scrittura di ogni rapporto sessuale generico ha come conseguenza che il soggetto dipende dalla contingenza degli incontri che può fare nella sfera del suo Umwelt e dagli enunciati prescrittivi che sostituiscono per lui il rapporto non iscrivibile. Le civiltà hanno inventato diversi modelli normativi per rimunerare il difetto di rapporto sessuale. Rispetto a tali norme, la deviazione soggettiva non è accidentale, è una norma. Un’analisi, in genere, permette d’isolare il o gli incontri iniziali che hanno prodotto la scrittura. Singolarità. Una volta installato a partire dalla contingenza iniziale, il modo di godere, in genere, risulta necessario, nel senso che non cessa più di scriversi, ma si ripete. Un’analisi deve permettere di localizzare, d’isolare e di rendere leggibile la scrittura del programma di godimento che prevale per un soggetto aprendogli così la possibilità di ricavare un certo grado di libertà rispetto ad esso e, perlomeno, di iscriversi con il minor disagio possibile.Invenzione, finalmente. Un’invenzione aleatoria, in genere, viene a ricoprire la contingenza reale come pure la necessità susseguente, per dare al soggetto l’illusione di una libertà di scelta ispirata da motivi etici e/o razionali, secondo la formula: “Io, come gli altri”, a meno che essa non alimenti in lui la nozione di una disgrazia dell’essere di cui solo lui sarebbe la vittima, secondo la formula: “Tutti, salvo me”. Anche in questo caso, un’analisi deve permettergli di far piazza pulita di questi sogni grossolani affinché si riconcili, per quanto possibile, con la singolarità che è la sorte di ogni parlessere. L’ideologia contemporanea della civiltà occidentale, molto segnata dalla psicoanalisi, d’altro canto, va in questa direzione. Per questo motivo propongo che, per le Giornate dell’ECF, l’anno prossimo, noi attingiamo dalla ricchezza infinita della nostra esperienza per testimoniare del rapporto sessuale nella sua contingenza, nella sua singolarità e nelle sue invenzioni.Titolo: “Il rapporto sessuale”.
1. Avendoci riflettuto, il comunismo asiatico, quello di Mao o di Hô Chi Minh, può essere analizzato come una reazione tradizionalista al discorso della scienza come pure al discorso capitalista. (Aggiunto l’8 ottobre)Riferimenti- Freeman Dyson, “Our biotech future”, The New York Review of Books, vol. 54, n. 12, 19 luglio 2007; come pure lo scambio di W. Berry, J.P. Herman, e C.B. Michael, con Fr. Dyson, vol. 14, 27 settembre 2007; la lettera di Raymond A. Firestone e la risposta di Fr. Dyson, vol. 54, 11 ottobre 2007.- Frédéric Garlan, “Le biologiste controversé C. Venter annonce une nouvelle forme de vie”, AFP, 6 ottobre 2007, 20.24.- Ed Pilkington, “Scientist has made synthetic chromosome”, The Guardian, 6 ottobre 2007.Complementi- Quando ho redatto la mia comunicazione, non avevo letto l’articolo seguente, molto suggestivo: Andrew Pollack, “How do you like your genes? Biofabs take orders”, The New York Times, 12 settembre 2007.
– Per un approccio mediatico del gioco di ruoli sessuale, questa mattina ho consultato il dossier della rivista Elle di questa settimana, intitolato: “Speciale sesso. Viva l’amore! Ciò che ci rende donne. Ciò che li rende folli”, Elle, n. 3223, 8 ottobre 2007.
Nota (*) Il neologismo “les trumains” sfrutta il suono dell’espressione “les êtres humains”, gli esseri umani, condensando insieme sostantivo e aggettivo. [N.d.T.]
Traduzione: Adele Succetti