A nome dell’Antenna di Pisa dell’Istituto Freudiano.
È con grande tristezza che leggo della scomparsa di Pierre Skriabine. Ho un ricordo molto vivo di lui e del suo insegnamento: l’11 giugno 2005 all’Istituto freudiano di Milano, il tema è stato Angoise et Nom du Pere. Du point de vue de la topologie. Ha affrontato l’ultima clinica differenziale che ci ha lasciato Lacan, quella che ha a che fare con il nodo borromeo e l’ha paragonata alla clinica differenziale che aveva strutturato all’epoca della sua elaborazione sulle psicosi, con il Seminario III e la “Questione preliminare”.
La seconda volta che ho incontrato Pierre è stato all’Antenna di Pisa dell’I.F. l’11 marzo 2006. In quell’occasione ha commentato “I complessi familiari in patologia. Le psicosi a tema familiare”. Insegnamenti magistrali.
Abbiamo avuto la fortuna, insieme ai partecipanti all’Antenna di Pisa, di potere ascoltare un suo intervento in una conferenza intitolata Voci di donne.
(Quando Pierre arriva la conferenza era quasi terminata. C’era una sala che era sul punto di provare una forte emozione legata all’incontro di due testimonianze viventi attraverso la presenza e la parola di persone che hanno parlato della loro sofferenza. Pierre interviene dicendo queste parole.)
“Mi scuso per essere arrivato così in ritardo ma ci sono stati dei problemi a Parigi, abbiamo avuto una tempesta che ci ha portato un’ora di ritardo.
Mi ha interrogato il vostro titolo: Voci di donne. Per un analista “voce” fa pensare subito all’oggetto voce, l’oggetto voce distinto da Lacan dall’oggetto sguardo, sono due oggetti immateriali, ma che mettono il loro marchio sul soggetto, sono privilegiati nel rapporto che il soggetto intrattiene con il godimento e con il reale. Quando si dice “Voci di donne” è quasi come una ridondanza, in fondo le donne hanno un rapporto privilegiato con la voce perché la voce di cui voi parlate è anche la voce scritta. E in fondo quello che trasmette la lingua perché è del rapporto alla lingua che si tratta sono le donne, d’altra parte l’oggetto voce è anche qualcosa che ha una presenza particolare in una donna. La clinica ce lo insegna, la letteratura anche, ma ci sono dei casi, per esempio, di innamoramento semplicemente della voce, è qualcosa che si intende spesso nella clinica. Dunque la voce è qualcosa che ha spesso delle risonanze e per parlare della voce o della parola Lacan utilizza una serie di termini, parla della parola vera, della parola piena, della risonanza della parola. Non voglio fare una lista, ma c’è nella parola molto di più di una semplice significazione, la parola è un pezzo di corpo e in quanto tale la parola è anche il grido, il grido è ciò che fa entrare il soggetto nell’universo del linguaggio perché gli si risponde, in generale è una donna che gli risponde, è sua mamma. Dunque “Voci di donne” è veramente l’entrata nel linguaggio, è da lì che si costituisce il soggetto. Quando sono arrivato voi avete evocato il rapporto della voce con la morte e il dolore e in fondo quando ho detto la voce ho detto anche la scrittura. In fondo questo miracolo che compie la voce, il miracolo del significante in qualche modo, in fondo è quello di fermare il dolore, cioè di passare da questo dolore che è reale ad una simbolizzazione che è allo stesso tempo sublimazione di questo reale e che permette la creazione letteraria come quella poetica, è la funzione la più imminente della parola. Ma in fondo io credo con la quale una donna ha una relazione privilegiata, è quello che io ho inteso quando io sono arrivato.” (testo non rivisto da Pierre Skriabine)
Ho riportato questo breve intervento perché quando questa notte l’ho cercato e trovato sul computer, mi ha aiutato a sopportare la mia profonda tristezza.
Donata Roma
È con grande tristezza che leggo della scomparsa di Pierre Skriabine. Ho un ricordo molto vivo di lui e del suo insegnamento: l’11 giugno 2005 all’Istituto freudiano di Milano, il tema è stato Angoise et Nom du Pere. Du point de vue de la topologie. Ha affrontato l’ultima clinica differenziale che ci ha lasciato Lacan, quella che ha a che fare con il nodo borromeo e l’ha paragonata alla clinica differenziale che aveva strutturato all’epoca della sua elaborazione sulle psicosi, con il Seminario III e la “Questione preliminare”.
La seconda volta che ho incontrato Pierre è stato all’Antenna di Pisa dell’I.F. l’11 marzo 2006. In quell’occasione ha commentato “I complessi familiari in patologia. Le psicosi a tema familiare”. Insegnamenti magistrali.
Abbiamo avuto la fortuna, insieme ai partecipanti all’Antenna di Pisa, di potere ascoltare un suo intervento in una conferenza intitolata Voci di donne.
(Quando Pierre arriva la conferenza era quasi terminata. C’era una sala che era sul punto di provare una forte emozione legata all’incontro di due testimonianze viventi attraverso la presenza e la parola di persone che hanno parlato della loro sofferenza. Pierre interviene dicendo queste parole.)
“Mi scuso per essere arrivato così in ritardo ma ci sono stati dei problemi a Parigi, abbiamo avuto una tempesta che ci ha portato un’ora di ritardo.
Mi ha interrogato il vostro titolo: Voci di donne. Per un analista “voce” fa pensare subito all’oggetto voce, l’oggetto voce distinto da Lacan dall’oggetto sguardo, sono due oggetti immateriali, ma che mettono il loro marchio sul soggetto, sono privilegiati nel rapporto che il soggetto intrattiene con il godimento e con il reale. Quando si dice “Voci di donne” è quasi come una ridondanza, in fondo le donne hanno un rapporto privilegiato con la voce perché la voce di cui voi parlate è anche la voce scritta. E in fondo quello che trasmette la lingua perché è del rapporto alla lingua che si tratta sono le donne, d’altra parte l’oggetto voce è anche qualcosa che ha una presenza particolare in una donna. La clinica ce lo insegna, la letteratura anche, ma ci sono dei casi, per esempio, di innamoramento semplicemente della voce, è qualcosa che si intende spesso nella clinica. Dunque la voce è qualcosa che ha spesso delle risonanze e per parlare della voce o della parola Lacan utilizza una serie di termini, parla della parola vera, della parola piena, della risonanza della parola. Non voglio fare una lista, ma c’è nella parola molto di più di una semplice significazione, la parola è un pezzo di corpo e in quanto tale la parola è anche il grido, il grido è ciò che fa entrare il soggetto nell’universo del linguaggio perché gli si risponde, in generale è una donna che gli risponde, è sua mamma. Dunque “Voci di donne” è veramente l’entrata nel linguaggio, è da lì che si costituisce il soggetto. Quando sono arrivato voi avete evocato il rapporto della voce con la morte e il dolore e in fondo quando ho detto la voce ho detto anche la scrittura. In fondo questo miracolo che compie la voce, il miracolo del significante in qualche modo, in fondo è quello di fermare il dolore, cioè di passare da questo dolore che è reale ad una simbolizzazione che è allo stesso tempo sublimazione di questo reale e che permette la creazione letteraria come quella poetica, è la funzione la più imminente della parola. Ma in fondo io credo con la quale una donna ha una relazione privilegiata, è quello che io ho inteso quando io sono arrivato.” (testo non rivisto da Pierre Skriabine)
Ho riportato questo breve intervento perché quando questa notte l’ho cercato e trovato sul computer, mi ha aiutato a sopportare la mia profonda tristezza.
Donata Roma