DIARIO DELLE GIORNATE DI TORINO #13
Con questo numero – dove Isabella Ramaioli ci propone alcune riflessioni critiche sul pensiero della differenza, riflessioni che prendono rilievo sullo sfondo dell’assenza di rapporto sessuale – concludiamo il Diario che ha ci accompagnato verso le giornate di Torino. Domani ci incontreremo, e il tappeto di pensieri che quanti hanno voluto contribuire ci hanno offerto – e per questo li ringraziamo – sarà presente sullo sfondo dei nostri dibattiti e risuonerà nei nostri interventi. Appuntamento a domani allora, per uno dei momenti più significativi nella vita della nostra comunità! Marco Focchi L’inconscio e la posizione femminile Sui tre lati della Sala dei Nove del Palazzo Pubblico di Siena si dispiega un maestoso ciclo di affreschi, L’allegoria del Buono e del Cattivo Governo, che risalgono al Trecento e che sono stati realizzati da Ambrogio Lorenzetti. E’ una delle primissime opere di carattere laico che illustra gli effetti che due modi opposti di governare hanno nella vita quotidiana della città e della campagna: il Buon governo che produce letizia, benessere, operosità e si ispira ai criteri di giustizia, e l’altro, il Cattivo governo, che genera crudeltà, guerra e discordia. Possiamo considerare quest’opera come un inno agli ideali che governavano la società di quel tempo, ma anche la testimonianza di una difficoltà del politico al governo della città.
Ricorrendo alla rappresentazione simbolica dell’arte, Lorenzetti mostra come nella Siena del trecento predomini l’ideale di conciliazione fra desideri e piaceri dei singoli e il Bene collettivo. Nessun potente oggi incaricherebbe un artista di rappresentare le allegorie della Temperanza, della Prudenza e della Magnanimità come ideali di civiltà! Le tante forme di malessere che caratterizzano la nostra epoca, improntate su di una certa apatia del desiderio ed un eccesso del godimento, ruotano frequentemente attorno al corpo come strumento di godimento. Lacan ci propone l’idea che se il corpo aderisse al godimento sarebbe solo un corpo animale. Il corpo dell’essere umano è al contrario costruito, fabbricato dal linguaggio e dalle leggi dell’Altro; è la risultante di tagli significanti, di prese discorse che fanno si che il soggetto « non è il suo corpo », ma lo abita; lo ha ma non lo è. E’ il corpo dell’isterica che mette in luce emblematicamente come il corpo parla, parla là dove soffre, nei sintomi e nelle cifrature enigmatiche inscritte nel corpo. I sintomi contemporanei, al contrario, non si configurano più prevalentemente come « significanti di un significato rimosso », il corpo non è più metafora del soggetto, piuttosto « segno fuori discorso ». Il corpo femminile, il godimento della sessualità femminile, si presenta caratterizzato da pratiche modificate rispetto al secolo XX, dove la dimensione immaginaria e la dimensione reale « dell’agire » compulsivo ne tratteggiano le forme. La doppia iscrizione che Lacan propone per le donne nel fallico e fuori da fallico, il che significa che le donne si inscrivono nel campo fallico ma che al tempo stesso ne restano fuori, si pone come un’invariante, un punto di struttura fondante. Il movimento femminista degli anni settanta, nonostante la rivendicazione di emancipazione e parità sociale, indicava anch’esso un’estraneità delle donne dal campo fallico fondando la propria pratica politica e teorica sul « Pensiero della differenza sessuale », a dire della differenza irriducibile fra i sessi, della radicale alterità della posizione femminile nei confronti del maschile, della discontinuità con il concetto di uguaglianza, di complementarietà fra i sessi che era stato un concetto forte anche dei movimenti politici di sinistra del dopoguerra. Oggi sono diversi ormai, infatti, gli autori che parlano di post-femminismo! La clinica della femminilità contemporanea ci indica, infatti, come la passione della mancanza, propria all’isteria di un tempo, la passione della differenza non sia più tanto la leva su cui costruire il proprio sapere, la propria sofferenza, la propria esistenza. L’appartenenza non-tutta della donna al campo fallico, che la pone in una sorta di fort-da, in un andirivieni sulla frontiera di questi duplici universi rendendone mutevoli le forme del suo godimento, sembra oggi senza duplicità, de-pluralizzata, privata di quella dissimmetria che mette un limite al godimento fallico, che la spinge, al contrario, verso l’Uno-tutto, verso un « troppo »che prevede un godimento senza limite e perciò stesso insostenibile. Isabella Ramaioli
Con questo numero – dove Isabella Ramaioli ci propone alcune riflessioni critiche sul pensiero della differenza, riflessioni che prendono rilievo sullo sfondo dell’assenza di rapporto sessuale – concludiamo il Diario che ha ci accompagnato verso le giornate di Torino. Domani ci incontreremo, e il tappeto di pensieri che quanti hanno voluto contribuire ci hanno offerto – e per questo li ringraziamo – sarà presente sullo sfondo dei nostri dibattiti e risuonerà nei nostri interventi. Appuntamento a domani allora, per uno dei momenti più significativi nella vita della nostra comunità! Marco Focchi L’inconscio e la posizione femminile Sui tre lati della Sala dei Nove del Palazzo Pubblico di Siena si dispiega un maestoso ciclo di affreschi, L’allegoria del Buono e del Cattivo Governo, che risalgono al Trecento e che sono stati realizzati da Ambrogio Lorenzetti. E’ una delle primissime opere di carattere laico che illustra gli effetti che due modi opposti di governare hanno nella vita quotidiana della città e della campagna: il Buon governo che produce letizia, benessere, operosità e si ispira ai criteri di giustizia, e l’altro, il Cattivo governo, che genera crudeltà, guerra e discordia. Possiamo considerare quest’opera come un inno agli ideali che governavano la società di quel tempo, ma anche la testimonianza di una difficoltà del politico al governo della città.
Ricorrendo alla rappresentazione simbolica dell’arte, Lorenzetti mostra come nella Siena del trecento predomini l’ideale di conciliazione fra desideri e piaceri dei singoli e il Bene collettivo. Nessun potente oggi incaricherebbe un artista di rappresentare le allegorie della Temperanza, della Prudenza e della Magnanimità come ideali di civiltà! Le tante forme di malessere che caratterizzano la nostra epoca, improntate su di una certa apatia del desiderio ed un eccesso del godimento, ruotano frequentemente attorno al corpo come strumento di godimento. Lacan ci propone l’idea che se il corpo aderisse al godimento sarebbe solo un corpo animale. Il corpo dell’essere umano è al contrario costruito, fabbricato dal linguaggio e dalle leggi dell’Altro; è la risultante di tagli significanti, di prese discorse che fanno si che il soggetto « non è il suo corpo », ma lo abita; lo ha ma non lo è. E’ il corpo dell’isterica che mette in luce emblematicamente come il corpo parla, parla là dove soffre, nei sintomi e nelle cifrature enigmatiche inscritte nel corpo. I sintomi contemporanei, al contrario, non si configurano più prevalentemente come « significanti di un significato rimosso », il corpo non è più metafora del soggetto, piuttosto « segno fuori discorso ». Il corpo femminile, il godimento della sessualità femminile, si presenta caratterizzato da pratiche modificate rispetto al secolo XX, dove la dimensione immaginaria e la dimensione reale « dell’agire » compulsivo ne tratteggiano le forme. La doppia iscrizione che Lacan propone per le donne nel fallico e fuori da fallico, il che significa che le donne si inscrivono nel campo fallico ma che al tempo stesso ne restano fuori, si pone come un’invariante, un punto di struttura fondante. Il movimento femminista degli anni settanta, nonostante la rivendicazione di emancipazione e parità sociale, indicava anch’esso un’estraneità delle donne dal campo fallico fondando la propria pratica politica e teorica sul « Pensiero della differenza sessuale », a dire della differenza irriducibile fra i sessi, della radicale alterità della posizione femminile nei confronti del maschile, della discontinuità con il concetto di uguaglianza, di complementarietà fra i sessi che era stato un concetto forte anche dei movimenti politici di sinistra del dopoguerra. Oggi sono diversi ormai, infatti, gli autori che parlano di post-femminismo! La clinica della femminilità contemporanea ci indica, infatti, come la passione della mancanza, propria all’isteria di un tempo, la passione della differenza non sia più tanto la leva su cui costruire il proprio sapere, la propria sofferenza, la propria esistenza. L’appartenenza non-tutta della donna al campo fallico, che la pone in una sorta di fort-da, in un andirivieni sulla frontiera di questi duplici universi rendendone mutevoli le forme del suo godimento, sembra oggi senza duplicità, de-pluralizzata, privata di quella dissimmetria che mette un limite al godimento fallico, che la spinge, al contrario, verso l’Uno-tutto, verso un « troppo »che prevede un godimento senza limite e perciò stesso insostenibile. Isabella Ramaioli