Molteplicità delle identificazioni. Unicità del godimento
Maria Laura Tkach
In una logica del tutto rovesciata rispetto a quella delle Società psicoanalitiche esistenti, lo psicoanalista della Scuola di Lacan si autorizza da sé. [1] Il suo autorizzarsi come psicoanalista non dipende da una gerarchia, dall’arrivo ad una meta alla fine di un percorso progressivo, evolutivo, o comunque prefissato secondo tappe già stabilite. Nel concetto di Scuola e nel modo in cui il suo funzionamento è previsto, la garanzia non è fondata sull’identificazione ad un ideale preso come modello, ma essa è piuttosto articolata ad una struttura di Scuola non–tutta, che si fa bucare dai suoi membri, uno per uno, ognuno a partire dalla propria singolarità, dal proprio tempo soggettivo, dal tempo in cui si trova in relazione alla causa analitica.
La Scuola svolge, dal suo canto, una funzione terza, di controllo (nel senso analitico del termine), in relazione ad ogni modalità di lavoro con cui il singolo si rapporta alla Scuola e, certamente, in relazione alla formazione dello psicoanalista, la quale avviene rigorosamente nella propria analisi.
Nella Scuola si entra perché, come dice Lacan, da nessun’altra parte vi è alcun insegnamento che dica ciò che la psicoanalisi è. Questo è il punto centrale della scommessa che ognuno che entra nella Scuola di Lacan fa.
Se l’analista si produce solo nella propria analisi e se ogni analisi portata fino alla sua fine lascia un resto non analizzabile, occorre accettare, come fa Lacan, che vi sia un reale in gioco nella formazione stessa dello psicoanalista e che le società analitiche si fondino su di esso. Anzi, questo reale provoca il suo stesso misconoscimento e Freud le ha volute proprio perché supponeva che potessero costituire l’unico rifugio possibile per evitare l’estinzione stessa dell’esperienza analitica.
Scommettere su una posta in gioco così alta, come solo la psicoanalisi lacaniana fa – puntando, non alla formazione dello psicoanalista pret-a-porter, ma lasciando che sia solo in un movimento retroattivo che dello psicoanalista si sarà prodotto, in quanto risultato di un’esperienza portata fino alle sue ultime conseguenze, fino a quando più nulla può essere detto, ma rimane solo da accogliere un godimento singolare proprio a ciascuno – necessita dell’esistenza e della presenza di una Scuola di psicoanalisi, giacché se è vero che lo psicoanalista si autorizza da sé, è altrettanto vero che il suo essere non-tutto si realizza e si rinnova grazie al fatto di mantenersi in un rapporto con l’Altro-Scuola.
Non abbiamo scelto di stare nella Scuola di Lacan per assicurarci una comoda routine, [2] ma perché non ci siamo mai voluti accontentare, né con le identificazioni molteplici di un eclettismo, né con l’identificazione ad un modello padrone, volendo assumerci la responsabilità della singolarità di un godimento. Dobbiamo sapere, perciò, che esso può essere almeno in parte incivilito solo se lo si mette in gioco nel legame con il collettivo Scuola. In caso contrario, ne va dell’esistenza stessa della psicoanalisi, quella che ci tiene all’esistenza del soggetto.
[1] J. Lacan, Proposiciòn del 9 de octubre de 1967 sobre el psicoanalista de la Escuela, Otros Escritos, Paidòs, Bs. As., 2012, pag. 261 (« el psicoanalista no se autoriza sino a sì mismo »).[2] Ibidem, pag. 277.