Al Convegno, con la dottrina della passe
Céline Menghi
Freud aveva colto la potenza della pulsione, l’aspetto di residuo insistente che contrasta con il principio di piacere.
La psicoanalisi si poneva già, ai tempi di Freud, con il suo carattere pestifero.
Con Lacan, la psicoanalisi si pone di traverso alla società, mettendo a nudo ciò che sfugge all’ideale e che le identificazioni coprono in maniera illusoria. JAM, in una delle sue conferenze spagnole, dice che «è il carattere asociale della psicoanalisi – non mi spingo a definirlo antisociale – a renderci poco graditi nei luoghi ufficiali ».
Oggi, nell’epoca della corsa alle identificazioni, della bulimia di godimenti per tutti, al fine di fare fronte all’ingovernabilità e all’irriducibilità del godimento problematico per ciascuno, la psicoanalisi con il discorso dell’analista opta per la singolarità delle soluzioni del soggetto e non per il rimedio universale che liquida il residuo del sintomo quando addirittura non oblitera quest’ultimo.
Come confermano gli attacchi alla psicoanalisi – mi riferisco alle infamie rivolte a chi si occupa dell’autismo senza farne una semplice etichetta, o una patologia organica, o un comportamento da correggere -, come conferma la posizione dell’OMS fronte alla così detta salute mentale, con l’ufficializzazione di protocolli dettagliati che avallano terapie per tutti i disturbi che iniziano con dis…, oggi è sempre più evidente che la psicoanalisi, con il discorso dell’analista, non condivide tali modalità di approccio che sostengono il programma della civiltà.
La clinica dimostra quotidianamente, come potremo ascoltare nelle presentazioni di casi clinici durante il Convegno, che è tramite la presa in conto delle tracce della lingua di ciascuno sul corpo che può aprirsi l’accesso alle risorse dell’uno per uno dell’essere parlante affinché produca soluzioni uniche e singolari, che non hanno a che fare con il comportamento e nemmeno con l’adattamento. La risposta alla sofferenza dell’essere umano non risiede nel senso, nel numero, nella cifra dell’identificazione e nemmeno nella bella forma, bensì nel difetto, nel resto, nel disfunzionamento, in ciò che di opaco appartiene all’essere umano e ne fa la differenza.
Il discorso analitico si interessa a ciò che disfunziona, per questo, come spesso JAM ha sottolineato, è antieconomico, se messo a confronto con le leggi che reggono l’economia nel mondo – economia che peraltro oggi fa acqua da tutte le parti -, ma è economico dal punto di vista del soggetto – e forse è questo che noi analisti dovremo riuscire a contrabbandare. Si tratta di un’”altra economia”, dunque, un’economia che non si fonda soltanto sull’Uno tutto solo ma prende in conto l’Altro, l’Altro del femminile, l’Altro separato dall’Uno, l’Altro libero dalle identificazioni rigide o posticce, quell’Altro di un’altra solitudine: l’Altro del corpo.
Che cosa c’è all’orizzonte di questa clinica che mette i bastoni tra le ruote, che fa del godimento ribelle alle leggi universali una leva preziosa e che obietta al programma della civiltà? C’è la dottrina della passe, inventata da Jacques Lacan come perno intorno a cui dovrebbe edificarsi e poi sostenersi una Scuola.
La passe, « la dogana dove siamo tenuti a dichiarare il nostro fantasma », come la definisce JAM, nella storia della Scuola di Lacan ha aperto la strada a quella che oggi possiamo chiamare con il nome di outre passe (”oltre passe” ), attenendoci alla preziosa lettura che JAM fa dell’ultimissimo insegnamento di Lacan (Seminario del 2011). Dal cammino, anzi dai cammini di un rovesciamento del guanto dell’identificazione e dell’ideale, rovesciamento cui giunge l’essere parlante una volta liberato dalla loro dittatura, ci troviamo oggi – con l’outre passe – a misurare – anche noi possiamo misurare( !) – come ciascuno arrivi alla « congiunzione dell’Uno e del corpo, l’evento di corpo », ossia come per ciascuno si modifichi il rapporto con la consistenza del corpo e con la solitudine rispetto all’Altro con cui il soggetto ha sempre creduto di parlare e, infine, come per ciascuno si riveli che questo Altro non è più lo stesso, appunto, ma è l’Altro dell’Uno.
E’ con il riferimento a questa dottrina, e soltanto con questo riferimento, che noi possiamo pensare una pratica senza lettino, una pratica che esce dagli studi, che porta nelle istituzioni – e non solo – la pulce dell’inconscio senza cancellare il resto pulsionale.
E’ con il riferimento a questa dottrina che possiamo ascoltare l’indicibile, ciò che è iscritto nel corpo, nelle sue pieghe dolenti, tra le righe di ciò che sfugge alla decifrazione, e rispondere così a domande nuove, difficile, inusitate, nascoste e cariche del reale della nostra epoca.
Nei casi che saranno presentati al Convegno potremo ascoltare come un corpo devastato da un sintomo abnorme si trasformi nella causa di un desiderio; come una parte di corpo feticizzata in maniera ossessiva possa giungere a funzionare come il battito di ciglia di Beatrice per Dante; come un’alopecia persistente si sia articolata al godimento pervasivo della madre durante l’infanzia, ma anche al tardivo e fertile riconoscimento paterno in età adulta, e così via…
Potremo ascoltare finalmente, anche quest’anno, gli AE, i nuovi AE e quelli in corso, per lasciarci insegnare su come ciascuno di loro ha percorso il proprio cammino di disedintificazione per giungere a dare corpo a un nuovo regime di godimento. Per lasciarci insegnare dal loro sapere/non sapere, affinché il nostro di sapere e anche il nostro desiderio trovino nuovi spunti di aggancio, tali da renderci più capaci e più docili nell’essere i « poco graditi nei luoghi ufficiali »: istituzioni, società, famiglia, mondo.