Tra il molteplice e l’Uno c’è la psicoanalisi
Raffaele Calabria
In un’epoca in cui l’Altro è inesistente, ove domina un nuovo ordine simbolico fragile, disorientante e complesso, la molteplicità delle identificazioni appare un buon rimedio alla instabilità del vivere. Direi anzi che tale molteplicità dà, in alcuni momenti, proprio un carattere di maggiore sollievo e sopportabilità alla vita stessa. E’ in fondo il molteplice che si offre come una certa garanzia affinché il godimento dia quel sapore necessario all’alito vitale che è in ciascuno di noi. Forzando un po’ le cose, arriverei a dire che la molteplicità è il nuovo luogo dell’Altro, la nuova forma con cui l’Altro si presentifica non più, però, con le sue modalità stabilizzanti e rassicuranti con cui aveva funzionato finora. E’ un Altro diverso, sorprendente e destabilizzante, affascinante e terrorifico, familiare e perturbante, stimolante e ingannevole al tempo stesso. Il nuovo ordine del mondo sembra essere: accogliere la molteplicità, accettare la pluridifferenza, convivere con la moltitudine, farsi attraversare dal nuovo per sapersi adattare nelle situazioni più diversificate. E’ il tentativo, estremo, di rompere con l’abitudine e l’oblio, “segni (dice Lacan nel suo Discorso sulla causalità psichica- Scritti p. 176) dell’integrazione nell’organismo di una relazione psichica”, per dare all’uomo un habitus per ogni occasione e una memoria onnicomprensiva e sempre efficiente.
Le lamentazioni che riceviamo nei nostri studi sono indice, invece, che questo “Altro molteplice” non funziona, non riesce a contenere la dilagante e generalizzata “ansia” che pervade l’uomo moderno e, soprattutto, non frena ma alimenta un godimento che trasborda la sua dialettica con il piacere e invade in maniera mortifera l’intera maschera personologica che ci rappresenta nei legami sociali. E’ la vita stessa che diventa allora un sintomo, un immenso ed insopportabile sintomo con cui si è in impari lotta e, dunque, si soccombe. E l’energia libidica, abbagliata e frammentata nei suoi numerosi investimenti oggettuali, si ritira malinconicamente sull’Io in un processo di progressivo depauperamento dell’inconscio stesso.
Quale l’offerta della psicoanalisi in questa contemporaneità che si profila con all’orizzonte “un grande disordine nel reale”, titolo che Miller ha designato per il prossimo Congresso AMP? Non l’Uno dell’amore, di aristofanea memoria, che ancora una volta promuoverebbe una ormai inconciliabile e fallace ricompattazione identificatoria, attraverso suggestive ricaptazioni narcisistiche, ma l’Uno del godimento sotto la forma di quel nucleo di intrattabile di cui ci ha parlato Francesconi. E’ l’oggetto a di Lacan, quel resto inaggirabile quando si intraprende la strada del desiderio dell’Altro, quando si incontra un desiderio Altro che permette il rimaneggiamento delle identificazioni alla ricerca della singolarità originaria in ciascuno di noi.
E’ la strada che Freud ci aveva già indicato con lo schema (per me a lungo di difficile lettura) posto al termine del capitolo 8° dello scritto “Psicologia delle masse e analisi dell’Io” (vol. 9° p. 304) e commentato in maniera illuminante da Lacan nell’ultimo capitolo del Seminario XI°.
Se il molteplice ci offre l’illusorio stato di presenza di autonomia d’iniziativa del singolo, all’interno di un’appartenenza massificata sotto un unico discorso scientifico (una specie di nuova dittatura), solo l’operazione psicoanalitica, attraverso la scoperta (da fare caso per caso) dell’inconscio e la separazione tra ideale e oggetto a, può trasformare la inibente sofferenza individuale in una particolare creatività soggettiva.