QUATTRO DOMANDE AL VOLO a Antonio Di Ciaccia, curatore della pubblicazione in italiano della opera di Lacan. A proposito della prossima nuova edizione del Seminario XX Ancora di Jacques Lacan per i tipi di Einaudi. di Laura Rizzo – SLP Roma
1. Nella quarta di copertina, annunciando che il Seminario XX tratta del godimento femminile, Lei parla di una novità non relativa ma assoluta: Come si colloca oggi la « assoluta novità nel campo psicoanalitico » introdotta da Lacan nel Seminario del 1972/3 di cui una nuova edizione pronta per uscire in libreria?
ADC: Nella quarta di copertina,in effetti dico che si tratta di una novità assoluta. Lo è, a mio avviso, almeno su due versanti. Primo, sul versante della teoria psicoanalitica propriamente detta. Solo Lacan riesce a far uscire la psicoanalisi dalle paludi in cui si era ritrovata, rimettendo ogni cosa a suo posto e risolvendo quel paradosso che aveva assillato gli psicoanalisti dal tempo di Freud. Paradosso che potremmo formulare in questi termini: com’è possibile sostenere il primato del fallo per ambo i sessi e, contemporaneamente, ribadire che le donne hanno una loro autentica, particolare specificità? La risposta che Lacan dà in questo Seminario è articolata in modo chiaro. Essa apre su un secondo versante, a cui in verità Lacan accenna appena, e che riguarda quello che la teoria analitica può apportare al nostro mondo in quanto tale. Infatti il campo aperto, non chiuso, non circoscritto, non delimitato dalla funzione fallica, non è solo quel campo che si rivela essere la dimora degli psicoanalisti, i quali sono sempre unici ma non soli, singolari ma non eccezioni, ai quali non si addice il far gruppo quanto piuttosto l’attenersi a un discorso specifico, discorso che rifugge il potere e l’uso del potere ma non già l’etica e l’uso dell’etica. A me è parso che con questo Seminario Lacan apra una porta, senza varcarne in modo manifesto la soglia, ma indicando varie situazioni in cui l’uso della nuova logica da cui egli ricava la posizione femminile relativa al godimento sia di insegnamento per un cambiamento anche a livello sociale e, direi, politico.
2. Come incide nei discorsi? O meglio: Che incidenza rappresenta la svolta di questo Seminario in ciò che riguarda il « nuovo ordine simbolico del XXI secolo. Non è più quello che era… », asse del nostro prossimo Congresso AMP a Buenos Aires?
ADC- Il Seminario XVII, Il rovescio della psicoanalisi, è un punto di arrivo di un lungo percorso. Lo si potrebbe pensare compiuto, completo, finito.E’ con meraviglia che rivediamo Lacan riprendere la strada del ricercatore. In fondo che cosa cerca in quel Discorso che non sarebbe del sembiante, titolo del Seminario che segue Il rovescio della psicoanalisi se non qualcosa che arriva a dirsi nel Seminario XX, Ancora? Ma laddove egli giunge in questo Seminario non è forse un approdo che da un lato conferma là dov’era arrivato con i quattro discorsi: ossia che non c’è discorso se non del sembiante ? Ma d’altro lato non rivela forse che c’è stato un altro ribaltamento, un nuovo rovesciamento che non riporta le cose allo stato iniziale ? Mi sembra che l’intervento di Jacques-Alain Miller a Commandatuba, Una fantasia, dia le coordinate per ripensare questi rovesciamenti che non riportano allo statu quo ante, ma portano del nuovo. Sia dal punto di vista della posizione dello psicoanalista nel suo campo che gli è proprio, sia nel campo più vasto che concerne allora tutta la società umana. Gli psicoanalisti potranno intervenire in questo nuovo ordine simbolico se terranno conto di queste linee di fuga date da Lacan ed elaborate da Miller.
3. « Risolvere una vecchia questione relativa al godimento » che capitolo apre per la politica del sintomo?
ADC- Lo spostamento che Lacan opera dal godimento fallico, dal godimento della parola, alla presa in conto di un godimento silenzioso, maggiormente correlato con il corpo in quanto tale, porta Lacan a enucleare le diverse posizioni del sintomo: dal sintomo che parla al sintomo che gode, dal sintomo che parla e si lamenta al sintomo che tace e si gode. E’ chiaro che è in questione tutto l’ultimo Lacan, non parlo solo del suo insegnamento che è piuttosto silenzioso al riguardo. Parlo della sua pratica. Pratica che dobbiamo a Jacques-Alain Miller il fatto di metterla in luce, punto per punto. Si potrebbe dire che nella sua pratica l’ultimo Lacan, per operare, non faceva ricorso alla parola ma al corpo. Un corpo a cui aveva dato il compito di parlare e di interpretare. Si vede come per uno psicoanalista la strada da percorrere resta lunga e impervia, se vuole essere all’altezza del suo compito.
4. Che prospettiva coinvolge questa novità riguardo il sintomo della politica? è stato Lei a parlare del non- tutto nelle democrazie, che lettura fa della detta crisi della politica?
ADC- Mi ha sempre colpito il posto che secondo Lacan la psicoanalisi dovrebbe avere nelle cose umane, nella società, nel mondo. In realtà generalmente o è molto parco oppure, com’egli usa fare, ricorre a metafore che devono essere decostruite. Mi riferisco al Seminario Il rovescio della psicoanalisi, in modo manifesto il più politico. Eppure, io ritengo che un punto massimo di una riflessione sul politico a partire dall’insegnamento di Lacan non possa non partire da quella nuova logica che egli mette in esercizio a proposito del godimento femminile. L’uno per uno, o meglio, l’una per una, poiché pur interessando anche coloro che si ritrovano a essere anatomicamente maschi è in quanto presi dal godimento femminile che la cosa li riguarda, ebbene l’una per una comporta di suo una modalità nuova di socità, di socialità, di aggregazione, direi di complicità. Quella complicità che Lacan avrebbe voluto avere, e che non gli è stata concessa, e che si rivolge ad altre persone che sono nella medesima posizione sua, quella del monos, persone che tendono tuttavia una per una verso quel sapere della struttura che le coinvolge. Come vede ritorno al mondo psicoanalitico. Ed è vero, è tanto difficile far emergere un tale funzionamento in quel mondo lì, figurarsi in quell’altro là che a giusto titolo Lacan chiama im-mondo. Comunque, è qui, che a mio parere, potrà sorgere una nuova modalità, inedita, di democrazia. So che Lacan aveva un’idea più pessimistica e riteneva che invece di prendere quella strada da lui indicata ci si sarebbe precipitati sulla strada lastricata dalle conseguenze dell’evaporazione del padre: con tutte quelle cicatrici che si chiamano segregazioni, a tutti i livelli.