La psicoanalisi e le neuroscienze sono molto diverse tra di loro sia nella loro identità che nel modo in cui si pongono verso il soggetto e il reale. Mi domando però se non si possa trovare un punto di incontro tra queste due signore.
Ad oggi si può constatare come gli aspetti della vita umana siano suscettibili ad essere neurologizzati, poiché tutto attiva il cervello. Azioni, emozioni e quant’altro sono osservabili attraverso le tecniche di neuroimaging funzionali. Persino l’amore può essere ridotto alla presenza di un certo quantitativo di neurotrasmettitori.
Ma come dice Miller: “Sta a noi trovare la modalità di saperci fare con il neuro-reale”, e bisogna sottolineare come questa sia una sfida importante per la psicoanalisi.
Trovare il modo di saperci fare con il neuro-reale a mio avviso deve comportare un incontro, buono o cattivo che sia.
Sebbene i tempi fossero diversi da quelli che viviamo, potremmo intravedere qualcosa di questo incontro e da lì riprenderne le tracce, tornando a Freud e Charcot.
Il luogo di incontro è nientemeno che l’ospedale Parigino della Salpêtrière, tutt’ora un rinomato ospedale. Salpêtrière con Charcot assistette alla nascita della neurologia ed è proprio qui che venne istituita la prima cattedra di malattie nervose al mondo, la “cattedra Charcot”. Questo centro attirava studenti da tutta Europa, tra questi studenti vi è anche il nostro Freud il quale, in particolar modo, era interessato agli studi di Charcot sull’isteria. Indubbia è l’influenza che Charcot ebbe sul pensiero freudiano.
Freud era uno scienzato e come tale si muoveva; è evidente come la maggior parte dei suoi testi prendesse forma attraverso il metodo scientifico ossia un tentativo di raccolta di dati empirici sotto la guida di ipotesi e teorie da vagliare. La particolarità di Freud è stata di soffermarsi là dove la scienza inciampava, nonostante il suo tentativo fosse quello di raggiungere una conoscenza della realtà oggettiva, affidabile e verificabile. Ne abbiamo un esempio nella prefazione alla prima edizione degli Studi sull’isteria in cui Freud dirà: “Faremo seguire una serie di osservazioni su malati, nella scelta delle quali purtroppo non abbiamo potuto lasciarci guidare unicamente da considerazioni scientifiche. Le nostre esperienze provengono dalla nostra pratica privata di medici […]. Alle storie dei pazienti segue una serie di considerazioni teoriche, e in un capitolo conclusivo della terapia è esposta la tecnica del “metodo catartico” quale si è andato sviluppando nelle mani di un neurologo.”
Ma di cosa sta parlando in questo testo Freud? Quali sono le pazienti che vengono osservate? Si tratta di quelle pazienti che non hanno trovato una risposta al loro malessere nella medicina. E di che cosa soffrivano? Disturbo da conversione che ormai non è nemmeno più presente nel DSM se non come Disturbo da sintomi somatici. Le attuali neuroscienze considerano questi disturbi nominandoli Disturbi neurologici funzionali. In questa faglia ritroviamo gli stessi pazienti di Freud. Si tratta di pazienti che non si rivolgono a uno psichiatra, né tantomeno a uno psicoanalista ma che vagano nei reparti di neurologia cercando di trovare una risposta ai propri sintomi. In questa faglia, su questo bordo, penso sia possibile un incontro tra le neuroscienze e la psicoanalisi cosi come è avvenuto molti anni fa. A partire da questo buco che si presentifica nel neuro-reale è possibile un inserimento della psicoanalisi come risposta a qualcosa di intrattabile nella medicina. Una psicoanalisi applicata, l’ultima spiaggia di questi pazienti che possono finalmente ancorarsi a qualcosa dopo tanto vagare, uno spazio per dare parola a qualcosa senza senso fino a quel momento. Questa la mia esperienza da qualche mese in una equipe multidisciplinare di cui faccio parte e che si occupa per l’appunto di trattare i Disturbi neurologici funzionali o almeno così li nomina il linguaggio delle neuroscienze ma che a mio avviso si concretizza in uno spazio in cui i Disturbi da conversione, che sembravano ormai cancellati, possano nuovamente avere voce in capitolo. Certo si tratta di un incontro impossibile, qualcosa che somiglia al non c’è rapporto sessuale di Lacan ma che ci permette di cogliere una sfida possibile per la psicoanalisi.