Forum SLP Mettersi al lavoro sul realedi Francesca Senin Suppongo l’angoscia come una declinazione particolarizzata del reale, un incontro che avviene secondo tempi e modi differenti, che saranno tanti quanti sono i soggetti. Senza voler sminuire l’inquietudine sociale, che oggi dilaga in tutto il mondo, quale lettura se ne può dare secondo la lente psicoanalitica? Si può supporre che il soggetto patisca di un’angoscia che si manifesta uguale per tutti? L’enunciazione: “Non c’è più un futuro”, che domina oramai qualsiasi discorso di denuncia sociale, non sembra alienare l’uno per uno nel medesimo?La prima osservazione potrebbe essere che al posto di un reale che sorge dal soggetto, dividendolo , ci sia piuttosto un malessere, di uguale intensità, che avanza dal di fuori, sulla scena del mondo. Una sorta di angoscia condivisa, condivisibile, globale che attraversa il mondo capitalista e che appiattisce, immobilizza qualsiasi diversità. Precarietà, lavoro sotto pagato, lavoro nero sono i nuovi significanti che massificano, e che organizzano nuovi raggruppamenti sociali, nuove enunciazioni collettive come gli “Indignados”, ad esempio; ma sotto il nome di precario, il soggetto aliena la sua particolarità. Stesso nome, stessa sofferenza .. di tutti e , quindi, di nessuno. La ricaduta discorsiva potrebbe essere che l’individuo non è tanto derubato del suo futuro, quanto come scollato dal suo passato, dalla sua storia; quindi privato della possibilità di essere “analizzante” di ciò che gli accade. Perché andare da uno psicoanalista quando l’angoscia invece che separare, isolare, unisce, raggruppa, fino a diluirsi nel discorso comune ? Come operare quando la dimensione più privata ed intima viene fatta passare in una questione pubblica di cui è l’Altro sociale, l’Altro del mercato che deve farsene carico? La funzione del Forum può essere, allora, quella di indicare l’inefficacia che abita alcuni significanti del discorso comune, siano in difesa dei diritti civili, o contro il Padrone: inefficacia nel portare un effettivo riparo dall’angoscia. Il reale, che si manifesta nell’enunciazione “non c’è futuro”, va ricollocato nella sfera del privato, circoscritto da un lavoro di parola che ne ricostruisca i contorni,e si declini in modi differenti a ciascuno. Mettersi al lavoro sul reale, dunque, per trovare, a partire da lì, un proprio modo per arrangiarsi.
_____________________________________________________________________________________Vento di passe di Anna Castallo Nell’Economist dell’8 ottobre, si legge che un eventuale default di stati sovrani in Europa comporterebbe un effetto devastante, per le enormi perdite che questo comporterebbe per le banche europeee che detengono titoli del debito pubblico; cosa che a sua volta si tradurrebbe in un rischio per tutti quanti sono esposti verso tali banche. Questo potrebbe comportare una cascata di default nell’eurozona. In sostanza, se le aspettative per il futuro sono recessive, la disponibilità di denaro da sola non è sufficiente a realizzare degli investimenti: ognuno tende da un lato a ritirare gli investimenti dai mercati finanziari vendendo azioni e obbligazioni per timore di perdere i propri risparmi e dall’altro a spendere il meno possibile per risparmiare prima della crisi; questo provoca un crollo dei mercati finanziari e una riduzione di quelli che in economia vengono chiamati consumi (ma attenzione, in questo caso forse è meglio non prendere la cosa troppo alla lettera, perché i cd consumi comprendono anche l’acquisto di un biglietto di museo, l’acquisto di libri per lo studio dei figli, … e anche le parcelle dell’analista), realizzando l’attesa recessione. Viceversa, se resta la fiducia i capitali restano disponibili e le imprese possono continuare a vendere perché c’è domanda. Si tratta di aspettative che si autoavverano. Certo se ognuno avesse la sua impresa familiare e non fosse stato inventato questo sistema per cui tutti, anche i piccoli risparmiatori, possono diventare azionisti, tutto questo non si avrebbe. Non ci sarebbe quella asimmetria informativa che fa disinvestire dalla borsa perché non si sa cosa succederà; della propria azienda si avrebbe le idee un po’ più chiare e le aspettative di ognuno non sarebbero tanto dipendenti dalle aspettative di tutti gli altri, ma sarebbero condizionate solo da eventi più “reali”, come lo scoppio di guerre, carestie o anche, meno drammaticamente, l’arrivo di concorrenti, etc. In altri termini, quando per finanziare un’impresa non si usano i denari di famiglia, ma si passa attraverso i mercati, ognuno è coinvolto come investitore, più che come imprenditore e quindi è legato al proprio denaro e al rendimento che avrà, più che all’impresa. Qui mi pare molto appropriata la citazione che fa nel suo intervento Rebeggiani1, di cui azzardo una traduzione possibile: una lingua, quella dei mercati, il cui valore non è la significazione, ovvero la bedeutung – che denota la differenza assoluta, ideale svuotato dal godimento, ma anche luogo dell’invenzione, dell’ancora irrealizzato, di ciò che è a venire – ma l’oggetto a, sotto la veste del denaro. La linea di demarcazione tra l’imprenditore e l’investitore mi sembra il fatto di entrare o meno nel legame sociale attraverso un ideale suscettibile di essere svuotato di godimento. D’altro canto, l’avvento dei mercati finanziari ha permesso di mettere insieme i risparmi di tanti e realizzare un’azione collettiva. Cosa la psicoanalisi può fare per questa collettività contemporanea? La psicoanalisi lavora al cuore della questione, con quel punto che è al tempo stesso luogo del legame sociale e luogo della differenza assoluta, ideale svuotato, bedeutung. Forse, allora, è il fatto stesso che la psicoanalisi possa esistere o resistere, che risponde all’esigenza di mantenere nella società il luogo di un ideale svuotato. Forse, il fatto stesso di continuare a scommettere che una Scuola possa esistere è risposta e ancoraggio possibile del contemporaneo. In questo senso, il nuovo vento di passe è molto incoraggiante.Ma di più: una Scuola fondata sulla passe, potrebbe non assumersi la responsabilità della società alla quale nasce e, quindi, non implicarsi in essa, pur cercando di mantenere una posizione extime? L’iniziativa dei forum è una risposta.