Élisabeth Roudinesco, plagiaria di se stessa Nathalie Jaudel
“Tramite questi Scritti dovevo mettere un ostacolo alla cupidigia, già in corso, dei falsari, sempre in opera sotto la barriera dello Spirito” (J. Lacan, Piccolo discorso all’O.R.T.F. , in La Psicoanalisi, n. 19, 1996, p. 14)
Élisabeth Roudinesco ama Lacan. Lei lo ama « contro venti e maree »… come Charlène Wittstock ama Albert de Monaco 1. Lei lo ama, lo ama con e contro il fatto che lui sia stato un « clown » e che lui stesso si sia preso come tale, ecco quanto ci annuncia l’autrice già dall’esergo della sua ultima opera 2. Lei lo ama: ama contro venti e maree i suoi « eccessi » (LECT, p. 13), la sua « mania del neologismo » (LECT, p. 14), il suo odio per le madri e la sua compassione per i padri (LECT, p. 49), le sue bugie (LECT, p. 48), le sue « crisi di rabbia e dispetto » (LECT, p. 23), il suo ermetismo (LECT, p. 26), i concetti che prende in prestito senza dirlo (LECT, p. 31), il suo « culto alla assenza di archivi » paradossalmente correlativo alla sua ossessione per lasciare un legato alla posterità (LECT, p. 66-67), il suo « perdere di vista, con il correre del tempo, la essenza conflittuale del dialogo » (LECT, p. 86) a meno che si tratti della sua « incapacità », da sempre, « di dialogare con chiunque sia » (LECT, p. 82), le sue scivolate (LECT, p. 86), la sua rassomiglianza con le isteriche di Charcot (LECT, p. 74), la sua sottomissione « oltre il limite del ragionevole, al rituale della presentazione di malati » (LECT, p. 21), le sue stravaganti camicie (LECT, p. 74), la sua adorazione per Le 120 giornate di Sodoma (LECT, p. 119), le sue trasgressioni (LECT, p. 171), le sue « gelosie » e le sue « piuttosto ridicole allusioni » (LECT, p. 162), il rischio da lui assunto di « tornare a radunare i seguaci dell’oscurantismo ossia gli anti-Lumi » (LECT, p. 20). Che bell’amore questo che supera così sgradevoli disordini…! Lei lo ama così tanto di aver provato l’anelo – ce lo svela in questa sua ultima opus opportunamente concomitante con il calendario mediatico, commemorativo che, a non dubitarne, « farà epoca » 3 – non meno che le precedenti opere della più eminente storica della psicoanalisi in Francia- di « parlare diversamente e del modo più personale questa volta, del destino dell’ultimo gran pensatore di una avventura intellettuale che iniziava a spargere i suoi effetti alla fine del XIX ° secolo […]. » E ne aggiungeva ancora : « Vorrei che questo libro fosse letto come l’enunciato di una parte segreta della vita e della opera di Lacan, un vagabondare tra gli ignoti sentieri […]. Ho voluto cogliere le briciole o frammenti di altro Lacan… » (LECT, p. 13). Dunque ancora Lacan, si dice il felice lettore, quello del segreto e dello sconosciuto. E naïf anche il lettore, se crede che si tratterà di parlare di lui in un altro modo, diverso da quello delle precedenti opere a cui l’autrice si è dedicata, in particolare il suo Jacques Lacan, Esquisse d’une vie, Histoire d’un système de pensée, pubblicato nel 1993 di cui una edizione tascabile nel 2009 4, o il suo Généalogies 5, saggio di « ego-storia » in parte destinato a rispondere ai detrattori del precedente; ma anche il suo libro sulla famiglia 6, come anche i suoi articoli e conferenze sullo stadio dello specchio 7, o gli archivi 8, e, primus inter pares, quella sommità intitolata « La lista di Lacan » 9. Ma andando avanti nella lettura, quale non sarà la meraviglia del citato lettore, per quanto abituato sia stato dai lavori di Élisabeth Roudinesco… visto che insomma, di nuovo e di segreto, di sconosciuto e inedito, non c’è altro se non innumerevoli ripetizioni, spesso testuali, interi paragrafi estrapolati dai precedenti scritti con cui ci gratifica Élisabeth Roudinesco. Più avanti si va nella lettura, più crescono questi prestiti in numero e volume. Un compendio, un digest. Un patchwork di copie-incollate. Un auto-plagio. Certamente, ella lima gli eccessi delle opus precedenti, il numero delle formule terminanti, i virulenti attacchi , i giri oltraggianti, i mordaci rimproveri. Il giudice si compatisce, la sua ferocia assume un aspetto di compunzione, gli attacchi compaiono sotto il velo delle allusioni. In effetti, Élisabeth Roudinesco non torna a dire che a partire dal 1963, « Lacan era senza alito » o che lui aveva allora « elaborato l’essenziale della sua dottrina… » HYPERLINK « http://localhost/owa/WebReadyViewBody.aspx%22%20%5Cl%20%22footnote10″1. Lei scrive d’ora in poi: « E’ tra gli anni 1953 e 1963 che Lacan elabora l’ essenziale del suo sistema di pensiero […] lui da al suo entourage durante dieci anni, il meglio di se stesso » (LECT, p. 77-78). No, lei non dirà più che Lacan è passato da « La potenza e la gloria 11 ad un « Psicoanalisi, grado zero » 12, lei stessa preludia l’edificazione di una « Tomba da faraone » 3 ; si accontenta di accennare discretamente una « apoteosi subito seguita dal crepuscolo » (LECT, p. 71). Lei non gli rimprovera più di essere un « plagiario » 14, ma « che sia sempre pronto a cancellare l’archivio originale » (LECT, p. 31)… Quindi, non si tratta più per lei di una « scatola di miracoli per una setta messianica » 15 neanche della « dissoluzione del suo insegnamento in un secchio di formule »16 ; meno ancora del suo « passare in un anno dall’esercizio ‘linguaggiero’ della psicosi » a « sciogliere il suo insegnamento un una lingua fatta quasi interamente di bisticci e giochi di parole, di allografi [allographes], di parole –macedonia e di neologismi che ricordano i significanti fondamentali della sua dottrina e della sua storia. » 17. Il tono che usa ora è molto più misurato: « mania [oppure ossessione] del neologismo » (LECT, p. 13 et 84), « mania topologica » (LECT, p. 84), « auto-annientamento della lingua » (LECT, p. 88), « frenesia per i nodi e le trecce » (LECT, p. 122) gli esempi bastano. Chi vorrà, comprenderà. L’attualità non ordina più fare di lui il « doppio » della sua paziente Margherite Anzieu — quella paziente dell’ Ospedale Sainte-Anne da Lacan ribattezzata Aimée, e il cui caso clinico costituisce il nucleo della sua tesi in medicina sulla paranoia nel 1932 —, questa « donna autodidatta e solitaria, il cui destino sarebbe potuto essere anche il suo (quello di Lacan) si, invece di accedere ad una carriera medica, lui fosse scivolato tra la erranza e il delirio. Forse è stato necessario che la paranoia fosse femminile perché il figlio di Alfredo potesse contemplare, nello specchio che Aimée gli offriva, una immagine invertita del suo proprio universo familiare: un universo di normalità dove regnava tuttavia, sotto l’emblema dell’amore quotidiano, la dismisura mascherata di una follia di lunga data . » (JL, p. 1565). Il commento diventa sempre più ovattato, come l’illuminazione filtrata da quelle « Luci ombre » riguardo le quali lui sarebbe stato partigiano (LECT, p. 19) : « Lacan sarebbe potuto, come [Louis Lambert], spegnersi nell’erranza se non si fosse confrontato – attraverso il suo entrare nel sapere psichiatrico- con la follia manicomiale, vale a dire, confrontato con quella parte di se stesso che lo rinviava ad una genealogia familiare tormentata: un fratello -Marc-François- che aveva scelto la chiusura della vita monacale, una madre -Emilie- che mai saprà dell’uomo che lui sarebbe diventato, un padre -Alfredo- che di lui voleva fare un commerciante di senape. » (LECT, p. 24) Allora lo ignorava Lei, caro lettore? Se vostro fratello ha abbracciato la vocazione religiosa, se vostra madre è morta troppo giovane per aver potuto conoscere i vostri successi [Emilie Lacan è deceduta quando suo figlio aveva 47 anni], e se vostro padre avesse voluto fare di Lei il suo successore nel commercio, allora sappia che Lei ha sfiorato l’erranza e la follia! O, sempre a proposito di Marguerite Anzieu, al diavolo con gli slanci di stile!: « Dopo una incredibile indagine, il brillante psichiatra si impossessò del destino di questa donna per costruire un « caso » in cui ha proiettato non solo la propria rappresentazione della follia ma le proprie ossessioni fantastiche di famiglia. Con feroce avidità lui nasconde a Margherite i testi, le fotografie e l’intera storia della sua vita , senza mai restituirle niente. In questo senso c’è stato tra di loro una costante distorsione, una freddezza e ostilità che niente riuscì a colmare. Giacché se Lacan non s’interessava a questa donna che per illustrare la sua dottrina della paranoia e redigere una opera teorica che avrebbe fatto di lui il fondatore di una nuova discorsività freudiana, lei, da parte sua, rifiutava tenacemente il ruolo che le si voleva fare giocare. » HYPERLINK « http://localhost/owa/WebReadyViewBody.aspx%22%20%5Cl%20%22footnote18″18 Nel 2011, Élisabeth Roudinesco gioca la carta della moderazione. Dopo lunghi sviluppi, inediti e innovativi, sulla difficoltà contemporanea di redigere grandi racconti di casi, riferita al culto dell’autofinzione che farebbe dei pazienti “i confessori delle loro proprie nevrosi”, il passaggio appena menzionato viene modificato in questi termini: “Tra lo psichiatra e Marguerite, non ci fu mai la minima intesa. Lei non cercava in nessun modo di essere curata o presa in carico, e lui non cercò di convincerla a vedersi come una paziente. Giacché s’interessava a quella donna solo per illustrare la sua dottrina della paranoia. Quanto a lei, sempre ribelle, rifiutava di essere un “caso” e lei gli rimproverò per tutta la vita di aver voluto fare di lei quello che non era. Ciò non toglie che i colloqui che lei ebbe con lui non furono negativi. E quando uscì dall’ospedale psichiatrico smise, non di delirare, ma di commettere atti che avrebbero potuto nuocerle. 19 (LECT, p. 61) […] In effetti, lei rimproverava a Lacan di averla trattata come un “caso” e non come un essere umano, e di non averle mai più restituito i manoscritti che gli aveva affidato durante il suo internamento all’ospedale di Sainte-Anne. Ai suoi occhi, Lacan era diventato quello che lei aveva sognato di essere e, per questo, le aveva sottratto il suo bene più prezioso: la sua scrittura.” (LECT, p. 63). Utilizza più antonomasie grandiose — Sua Maestà, Il Grande Timoniere — o paragoni con il Diavolo, Faust, il Re Ubu; fa meno menzione alla sua avidità per il potere e il riconoscimento; non c’è più — o molto poco — un Lacan ossessionato dal plagio, che vede complotti ovunque, demente dopo il 1970, manipolato dal suo entourage all’epoca della dissoluzione, sprofondato “nello stupore muto di una grande afasia nietzschiana” (JL, p. 1930) o “nel mostrare all’infinito il pianeta Borromeo” (JL, p. 1980); non c’è più denigrazione della “seduta breve” trasformata in “non-seduta” e la cui principale motivazione sarebbe stato l’accumulo di un’immensa fortuna. Jacques-Alain Miller, violentemente attaccato nel JL e non solo accusato di aver tradito, per quanto concerne l’edizione del Seminario, le volontà di un suocero che non era più in possesso delle sue facoltà, ma anche di essersi assicurato “un’influenza considerevole sull’opera lacaniana: giuridica e interpretativa” (JL, p. 1998-99 ; Généalogies, p. 111) è ormai gratificato con bel voto: il suo nome, in quanto “trascrittore del Seminario, sta accanto a pine diritto, e a giusto titolo, a quello di Lacan” (LECT, p. 112). Ma nel testo ritroviamo le fisse abituali di Élisabeth Roudinesco, — e quello stile inimitabile in cui i superlativi più tonitruanti (interpretazione magistrale, opera fastosa, commento abbagliante, terminologia lussureggiante) accompagnano le allusioni più denigranti. Lacan personaggio balzachiano, la cui storia sarebbe quella della giovinezza di Louis Lambert, della maturità di Horace Bianchon, della vecchiaia di Balthazar Claës (LECT, p. 23-24, JL, p. 11). Lacan che ha “orrore delle proprie origini” (LECT p. 22, JL, p. 1528) e che è stato lui stesso la propria madre e il proprio padre (LECT p. 22, JL, p. 1797; p. 1864 ; p. 1899). Lacan avido di possedere cose e esseri, che addirittura li “divora” (LECT p. 22 e 73, JL, p. 1929). Lacan fautore di una “rivalorizzazione” del padre (LECT, p. 22, p. 43, JL, p. 1944), che si fonderebbe nelle sue proprie difficoltà familiari (LECT, p. 48-49, JL, p. 1522, p. 1843, p. 1850) e in particolare nella sua difficoltà ad essere padre (LECT p. 22, JL, p. 1844). Il fatto che sarebbe sfuggito per un pelo alla sedicente follia della sua famiglia (LECT, p. 24, JL, p. 1565). L’interesse rivolto alla topologia e ai nodi alla fine del suo insegnamento viene degradato a una “tentazione del sapere assoluto” (LECT p. 25, JL, p. 1930 ; p. 1940). Il fascino che estremi hanno su di lui (specialmente Joyce, Maurras, Bloy, Nietzsche : LECT, p. 22 e JL, p. 1528 ; p. 1579 ; p. 1589 ; p. 1629-30 ; p. 1946-50) come pure la follia (LECT p. 22, JL, p. 1630), specialmente quella femminile. Prima tra queste fisse — la passione della storica: dimostrare che ha scoperto fonti nuove ed inedite, che ha portato alla luce frammenti di verità sino ad allora tenuti segreti. Che tali fonti siano inesistenti o di dubbio valore storico e che la conducano a proferire affermazioni infamanti o che siano, contrariamente a quanto lei scrive, già diffuse, poco le importa. Questo vale per la scoperta, a sua cura, di un manoscritto di Marguerite Anzieu del 21 novembre 1931, “inedito sino ad oggi”, che fa parte della collezione di René Allendy e che rivelerebbe, secondo lei, che la paziente di Lacan avrebbe tratto pochissimo giovamento dai suoi colloqui con lui poiché, cinque mesi dopo il suo ricovero, era ancora delirante. Tale manoscritto, leggiamo in nota, sarebbe stato “affidato” a Élisabeth Roudinesco da Julien Bougosslavsky, che viene calorosamente ringraziato (LECT, p. 61). Che scoperta straordinaria! Un inedito di Marguerite Anzieu, caduto per miracolo nelle mani di Élisabeth Roudinesco! L’unico problema è che questa lettera era notoriamente conosciuta, quindici mesi prima della pubblicazione di Lacan, envers et contre tout. Effettivamente è stata venduta da Artcurial il 14 giugno 2010 dallo studio Briest-Poulain-F. Tajan 2 ; una sua riproduzione integrale figurava nel catalogo della vendita, anch’esso scaricabile liberamente… Oltre alla passione per gli inediti, Élisabeth Roudinesco ha anche quella delle incongruità. Così non esita a scrivere che, “affrettatosi a ritornare sulla scena dell’IPA e a vendicarsi per l’umiliazione subita, Lacan pronunciò una seconda conferenza sullo stadio dello specchio, a Zurigo, nel 1949.” Ora, di quando era “l’umiliazione” — consistita nel fatto che la sua conferenza di Marienbad era stata interrotta da Ernest Jones — per cui Lacan si sarebbe affrettato a vendicarsi? Del 1936… cioè tredici anni prima. In effetti, si è molto affrettato…. Vi troviamo anche alcune novità. Alcune collegate a lavori recenti di altri autori. Un interesse nuovo per la voce di Lacan, a cui è consacrato un intero capitolo, qualche mese dopo la pubblicazione del Portrait silencieux de Jacques Lacan 21 di Claude Jaeglé, comunque menzionato. Un interesse ancora più nuovo per i rapporti di Lacan con Mallarmé, successivo al Mallarmé le livre 22, di Joseph Attié, prefazionato da François Regnault, che non è citato, ma sicuramente per il fatto che si tratta di uno di quegli “epigoni” per i quali lei prova il più profondo disprezzo. Un Lacan che d’improvviso diventa “pensatore dell’angoscia” dopo la pubblicazione del Seminario, Libro X a cui la storica prima aveva accordato ben poco interesse. Alcune citazioni estratte dal Seminario, Libro XVIII, Di un discorso che non sarebbe del sembiante, stabilito di recente da Jacques-Alain Miller e che, sino ad allora, non aveva attirato la sua attenzione. Alcuni dei paragoni che le piacciono tanto, qui inediti: Lacan a cui sarebbe piaciuto essere Salomone, figlio di David (LECT, p. 23); Lacan paragonato al vecchio Edipo “tiranno decaduto dagli occhi distrutti, in esilio a Colono e che maledice la propria discendenza” (LECT, p. 25) o ad “Aramis ammiratore di Fouquet” (LECT, p. 122); Lacan “tra Max Ernst e La Fontaine” (LECT, p. 119); l’interesse per gli stemmi della famiglia Borromeo ricondotto alla volontà di sviare l’attenzione sulla propria genealogia (LECT, p. 76). Riflessioni, anche queste nuove, e molto assennate, sul fatto che la parola “può anche trasformarsi in uno strumento di distruzione quando serve da supporto agli anatemi, alle voci di corridoio, ai complotti.” (LECT, p. 72). Appare anche l’idea di un “XXI secolo già lacaniano”, da intendere nel senso che imputa a Lacan tutte le turpitudini del disagio contemporaneo della civiltà. Così, «il fascino attuale […] per l’esibizione, femminile in genere, di oggetti derivati dai corpi umani […] sino alle pratiche più perverse — necrofilia, « coprofilia” sarebbe “l’eredità inaspettata di questa politica del godimento e del femminile messa in piedi da Lacan […]” (LECT, p. 107-108).
E poi le confidenze – è il versante « più personale ». Élisabeth Roudinesco era sorpresa, ogni volta che trovava Lacan, dalla capacità che lui aveva di fare più cose alla volta (LECT, p. 83); veniamo a conoscenza che sarebbe stato Lacan stesso ad « invitarla » ad aderire alla EFP nel 1969 (LECT, p. 86)— curiosamente, visto che in una delle sue opere precedenti, Généalogies – già « molto personale » qualificata addirittura di « ego-storia »- raccontava « [le sue] origini, [la sua] infanzia, [la sua] formazione intellettuale » 23 e specialmente la visita di Lacan a casa dei suoi quando lei era una bambina, ma niente riferimento a questa versione della sua adesione alla EFP24 . Da una altra parte, in occasione di una sua visita alla casa di campagna di Lacan, intorno agli anni 1970, lei avrebbe « percepito la “cosa” segreta [L’Origine du monde de Courbet] »; mentre alla fine del 1979, avrebbe avuto « occasione di parlargli. Suo volto era ormai girato verso il mondo di un silenzio infinito e il suo sguardo era sfuggente, come attirato da quell’altro lato immemorabile. » (LECT, p. 175).
Veniamo ora all’auto-plagio. Per quanto riguarda lo stadio dello specchio (capitolo III): le pagine 31, 32, 33 sono in parte costruite da passaggi delle pagine 1632, 1640, 1641 de JL. Per quanto riguarda il soggetto (capitolo IV): la pagina 35 è composta da frammenti estrapolati dalle pagine 1646 e1648 di JL. Le pagine 36, 37, 38, 39 riprendono testualmente le pagine 52 e 53 di un contributo di Élisabeth Roudinesco al Lacan di Jean-Michel Rabaté 25. L’intero capitolo è quindi quasi interamente copiato da testi precedenti dell’autore. Per quanto riguarda la familia (capitolo V) : eccetto il paragrafo introduttivo, le pagine 41 a 44 è composta da frammenti testualmente rilevati da una omologa opera di Élisabeth Roudinesco, La famille en désordre 26. Le pagine 48 e 49 riassumono, riprendendole, le pagine 1695-85 di JL circa le faccende di famiglia di Lacan durante l’Occupazione. Per quanto riguarda Aimée (capitolo VI): si tratta di un riassunto di JL, leggermente addolcito, come abbiamo avuto modo di vedere. Per quanto riguarda gli archivi (capitolo VII): se le due prime pagine riprendono temi cari a Élisabeth Roudinesco, evocati già nelle Généalogies, le pagine successive (pp. 66 a 69) costituiscono una riproduzione testuale, delle pagine 23 a 25 di una conferenza dettata in virtù dei suoi meriti, alla BNF nel 2000 dal titolo « Il potere dell’archivio » e che è stata pubblicata su un compendio intitolato L’analyse, l’archive 27 un anno dopo. Sul Seminario (capitolo IX): le pagine 84-85, dedicate al commento fatto da Lacan al Simposio di Platone, copiano testualmente interi paragrafi delle pagine 1810-11 del JL. Riguardo il tema dell’amore e la donna (capitolo X): le pagine 96-97 dedicate a Françoise Dolto, riportano esattamente alcuni passaggi delle pagine 1803-1804 del JL; le pagine 104-105 dedicate all’origine del Mondo, riprendono parola per parola brani della pag. 1732 del JL, poi, sempre parola per parola e sullo stesso argomento, le pagine 187 e 188 de “La lista di Lacan” 28. Riguardo gli Scritti, (capitolo XI): le pagine 109, 110, 111, riportano testualmente interi brani delle pagine 1884 e 1885 del JL. Le pagine 112, 113, 114 altretanto delle pagine 1929 e 1930 del JL. La pagina 115 riassume la pagina 1896 del JL.
Su “La Cosa” (capitolo XII): la pagina 1212 riporta in parte la pagina 1822 del JL. Il capitolo XIII, il più lungo del Lacan, Envers et contre tout – 24 pagine- batte tutti i record. Si tratta di una ripresa, riga per riga, della quasi totalità dell’articolo “La liste de Lacan”29.
Il capitolo XIV, dedicato ad Antigone, riprende brevi estratti de “La famiglia in disordine”; infine il capitolo XV dedicato a “Kant con Sade” è più o meno inedito, benché si tratti di un testo sul quale Elisabeth Roudinesco si era già dedicata numerose volte.
Quale migliore omaggio nei confronti di chi, ogni settimana per trent’anni, ha fatto di tutto per non ripetersi mai!
Lo si potrebbe considerare un aneddoto se Elisabeth Roudinesco non persistesse, a dispetto di tutto, a misconoscere non solo la significazione ma anche il percorso dell’insegnamento di Lacan; a moltiplicare le approssimazioni che quando va bene appiattiscono ma altrimenti snaturano radicalmente la sua portata e la sua incisività; a ridurlo a qualche aforisma entrato nel discorso corrente – non senza accumulare, peraltro, su questi, le più grossolane assurdità; a ripetere all’infinito una serie di innumerevoli neologismi, come perle infilate una di seguito all’altra, senza minimamente commentarle né spiegarle30; a riferirsi sempre e comunque agli stessi pochi testi per vent’anni, in modo sempre e comunque approssimativo, sommario, errato: “Lo stadio dello specchio”, “I complessi familiari”, “Kant con Sade”, il Seminario VII “L’etica della psicoanalisi”, il Seminario VIII “ Il Transfert”…
I brani che seguono, ritenuti adatti a spiegare al lettore il pensiero di Lacan, non solo sono incomprensibili ma in più non sono -in nessun caso e volutamente- accompagnati dalla seppur minima nota. Si ignora da quale cappello siano stati estratti. Lacan non ha mai pronunciato queste frasi; i termini impiegati sono per lo più quelli che lui rigettava con quella radicalità che lo contraddistingueva e tutto l’insieme testimonia un profondo misconoscimento di ciò che egli ha cercato di trasmettere. “Ardita e cesellata, (la sua) prosa interroga il divario tra l’oggetto e la sua rappresentazione, riducendo la realtà a un’irruzione selvaggia attraversata da formule e arabeschi. Secondo Lacan, ogni realtà deve essere detta in modo oggettivo, senza il minimo lirismo, poiché ogni realtà è innanzitutto un reale, vale a dire un delirio” (LECT, pag. 30) La nominazione da parte del padre “permette al soggetto di acquisire un’identità” (LECT, pag. 49) Lacan avrebbe coniato il neologismo “lalingua per definire l’articolazione del desiderio con la lingua” (LECT, pag. 73) La dialettica del desiderio e della domanda è “sintomo delle intermittenze del cuore e dell’amore” (LECT, pag. 80) “Lituraterra sembra prendersi gioco del Seminario su La lettera rubata” (LECT, pag. 89) A proposito dell’angoscia: “Questa ‘mancanza della mancanza’ soffoca il desiderio e si traduce con fantasmi di autodistruzione: caos, fusione immaginaria con il corpo materno, allucinazioni, spettri di insetti, immagini di dislocazione o di castrazione (???). (…) dal punto di vista clinico, quando l’angoscia diviene patologica può venire superata se il soggetto riesce a distogliersi da questo reale traumatizzante allontanandosi dalla paura della mancanza, fonte di delusione” (LECT, pag. 92); A proposito dell’amore: “(Lacan) non era lontano da una visione dell’amore come l’assalto dato da un astro oscuro a un oggetto persecutore che si sottrae a qualsiasi incontro” (LECT, pag. 96); I termini hommelle e hommelette* sarebbero stati inventati “per definire l’uomo moderno demolito della sua virilità (LECT, pag. 96); “la donna è un supplemento” (LECT, pag. 99); “l’aforisma: ‘non c’è rapporto sessuale’ significa che la relazione amorosa non è un rapporto ma piuttosto una lotta tra due contrari”. (idem) ‘L’amore è dare ciò che non si ha’ viene tradotto con: “un dono che non si può dare” (LECT, pag. 103); Il godimento sarebbe “un possesso senza padrone, un dominio senza dominatore né dominato” (LECT, pag. 104); “Lacan trasforma ‘La Cosa’ in una mancanza pura, in un godimento, attraverso cui il soggetto si fonde con l’oggetto: paradiso perduto, corpo ridotto ai suoi escrementi come lo mostra Sade” . In breve, un Lacan al contrario – e contro ogni* spirito di finezza, contro ogni rigore del pensiero. Cosa resta di lui dopo che lo si è visto mangiato a morsi e passato dalla « roudinette« ? Un più o meno grandioso libertino (in tre occasioni: pagg. 15, 95, 165); ”un pensatore focalizzato sulla Shoah (in cinque occasioni: pagg. 16, 24, 120, 152, 168 – 169); “uno spettatore sensuale dei disordini del mondo” (LECT, pag. 77); un pittore surrealista” (in due occasioni: pagg. 30, 32); “un appassionato di prelibatezze” (in due occasioni: pagg. 72 e 96); “un amico degli animali” (LECT, pagg. 29 – 30 e 119); “invaghito della sua cagnolina che lo ricambiava” (in due occasioni: pag, 29 e 171); un uomo che “pensa contro sé stesso” non nel senso di una ricerca che lo conduce a riprendere incessantemente gli stessi concetti per darli un giro di vite in più, ma ad incorrere nelle contraddizioni tra la sua vita e la sua opera (LECT, pag. 22 e 49); un partigiano del progresso (LECT, pag. 15) che “riabilitò il desiderio di Rivoluzione” (LECT, pag. 52); – d’altronde lui e i suoi compagni di viaggio, non erano forse “addetti al servizio pubblico ed al bene comune ” ? (LECT, pagg. 21 e 173).
Ma uno psicoanalista? Certamente non. Neanche un accenno salvo riferirsi smodatamente e fino la noia alle sedute brevi (LECT, pagg. 31, 11, 157). Punto e fine. Envers e contre tout al Lacan psicoanalista che si rivolge agli psicoanalisti, Elisabeth Roudinesco non riesce proprio ad abituarsi, non si preoccupa neanche. Oh, quanto Elisabeth Roudinesco ama Lacan! Uno comincia quasi a sognare che lei fosse una donna leggera…
Quelli che invece lei non ama, sono i suoi “epìgoni”. Schierandosi sotto la bandiera di Francois Roustang31, trasforma i suoi allievi nei responsabili di tutte le deviazioni del “lacanismo”: non contenti di essere i “nemici della loro disciplina e di quanto hanno ereditato” (LECT, pag. 13), “rimasti attaccati a una lettura stereotipata dei suoi testi” (LECT, pag. 146), sono sempre loro “che contribuiscono con il loro gergo, a oscurare il suo insegnamento” (LECT, pag. 27) al punto che, di tutte le interpretazioni possibili del pensiero di Lacan, “la peggiore (è) quella dei suoi epìgoni” (LECT, pag. 115). Oltre ad avere la mania di parlare in gergo, loro soffrono di “atteggiamento melanconico, chiusura ai problemi sociali, nostalgia” (LECT, pag. 12); la loro “apoliticità sfiora il ridicolo” e “(suscita) odio” (LECT, pag.158). Ancor più terribile, con le loro “interpretazioni ridicole” e “la loro assenza di empatia”, non solo hanno trasformato la cura in “un’avventura interminabile, silenziosa, frustrante” ma soprattutto essi si disinteressano, afferma l’autrice, della sofferenza soggettiva (LECT, pag. 157). Elisabeth Roudinesco non siede a questo tavolo; “confessa” infatti, di non avere “mai aderito troppo a questa etica della psicoanalisi”” (idem).
Lacan si; gli epìgoni no – né al rovescio né al dritto. Come stupirsi che una così fine specialista conoscitrice di Lacan – anzi, “la migliore”32! – che l’ha letto così attentamente e che l’ha conosciuto così bene da averlo incontrato personalmente almeno in quattro occasioni, sia presente in quasi se non tutte le trasmissioni radiofoniche e in tutti i programmi televisivi, in ogni approfondimento delle riviste dedicato a “valutare la sua eredità” o a “celebrare la sua scomparsa”?
Vi è, tuttavia, un’ossessione di Lacan che è sfuggita alla sua puntigliosa attenzione e al suo infallibile radar-per-lacanerie: quella di sfuggire alla sorte toccata a Freud – che venga “alterato il senso”33 del suo insegnamento; che se ne faccia un « uso disonesto”34; “che prima si scrivano dei libri, con il fermo proposito d’informarsi poi”35.
Questa “oscurità”, questo “ermetismo” che gli è stato tanto rimproverato e il suo rifiuto di pubblicare i propri testi se non dopo una certa età, erano almeno in parte deliberati. Miravano ad assicurarsi “che per farvi riferimento, occorresse essere ben decisi a leggerli”36; a “impedire le letture superficiali”37; a installare “delle barriere contro i commenti abusivi”38; a far fallire, quindi, l’impostura.
Fatica sprecata, parrebbe; ma non necessariamente per tutti.
Traduzione: Laura Rizzo, Adele Succetti, Giuliana Zani Revisione: Maurizio Mazzotti, Laura Rizzo.
* N.d.T.: neologismo composto da homme , uomo e elle, lei. Hommelette ha la stessa pronuncia di omelette, frittata. ** N.d.T.: envers et contre tout , riferito al titolo del libro di E. Roudinesco, è qui tradotto letteralmente e non « contro venti e maree » (a dispetto di tutto), come negli altri casi presenti nel testo. 1 “Albert e Charlène a dispetto di tutto” è il titolo scelto dalla rivista Paris-Match per commentare le movimentate nozze regali nel mese di giugno del 2011 2 El. Roudinesco, Lacan, envers et contre tout, Seuil, Parigi, settembre 2011. Abbreviato, da qui in avanti : LECT. Nelle successive citazioni le virgolette sono dell’autrice del presente articolo. 3 Passaggio estratto dalla quarta di copertina del testo Lacan, envers et contre tout: “ Storica, direttrice di ricerca all’Università di Paris VII, Elisabeth Roudinesco è autrice di numerose opere che hanno fatto epoca.” 4 Abbreviato, da qui in avanti: JL 5 E. Roudinesco, Généalogies, Fayard, Paris, 1994 6 E. Roudinesco, La famiglia in disordine, Ed. Meltemi, Roma, 2006 7E. Roudinesco, Le stade du miroir, concept et archives, in Jean-Michel Rabaté (a cura di), Lacan, Bayard centurion, 2005 8 E. Roudinesco, L’analyse, l’archive, BNF, 2001 9E. Roudinesco, La Liste de Lacan ; inventaires des choses disparues, in Eric Marty (a cura di), Lacan et la littérature, pag. 181 – 195, Le marteau sans maitre, Manucius, 2005 10 JL, pag. 1870 e 1954 11 JL, titolo della settima parte 12 JL, titolo del capitolo III dell’ottava parte 13 JL, titolo del capitolo IV dell’ottava parte 14 Il termine plagio è usato esplicitamente da Elisabeth Roudinesco in JL, pag. 1910; in diverse occasioni sottolinea che egli avrebbe “preso a prestito”, “senza citare le fonti”, ad esempio pag. 1564, 1575, 1672, 1768, 1771, 1817, 1825, 1838, 1842, 1877 (ed. francese) 15 JL, pag. 1906 (ed. fr.) 16 loc. cit. 17 JL, pag. 1950 18 JL, pag. 1550 19 Ricordiamo che Marguerite Anzieu aveva aggredito e ferito con un coltello, un’attrice, ferendola. 20Libri e manoscritti. Vendita n° 1677–lotto n° 160. Catalogo scaricabile da: http: //www.artcurial.com/pdf/2010/1677.pdf 21 Claude Jaeglé, Portrait silencieux de Jacques Lacan, PUF, Parigi, 2010 22 Joseph Attié, Mallarmé le livre, Losanges, 2007 23 Généalogies, quarta di copertina e pag. 9 24 Ibidem, pag. 53: “Nel 1969 entravo nella Scuola freudiana di Parigi, non tanto per un’inclinazione per la psicoanalisi quanto per il desiderio di sostenere l’insegnamento di Lacan e la ‘causa’ che difendeva.” 25 E. Roudinesco, Le stade du miroir, concept et archives, in Jean Michel Rabaté (a cura di), Lacan, op. cit. 29 Ibidem 30 pag. 25 « Jules Lacue, jaclaque, affreud, ajoyce, l’Aimée de Mathèse » ; pag. 49 : « père- orang, père-vers, anons du père, père-versement, père-version, permaitre, père-ternité », pag. 73 : « apparoler, bafouille-à-je, lalangalise, langager, langagien, lituraterre, mi-dire, métalanguer, par-dit, parlêtre, parlance, ecc. » ; pag. 98 : « hommoinzin, homelette, homelle, hommodit » ; pag. 99 : « l’a(mur), amourir, amort, âmer » ; pag. 119 : « achose, hachose, Achose, achosique ». 31 François Roustang, Lacan, de l’équivoque à l’impasse, Les édition de Minuit, Parigi, 1986 32 LECT, quarta di copertina 33 J. Lacan, Entretien avec Gilles Lapouge, riletto da Lacan, Le Figaro Littéraire, 29 dicembre 1966 : « Da anni mi batto per impedire che il senso di Freud venga alterato. Ed ecco che ora devo prendere le stesse precauzioni per me stesso.” 34 Ibidem 35 J. Lacan, Entretien avec Pierre Daix del 26 novembre 1966, Les lettres Françaises, n° 1159 dall’1 al 7 dicembre 1966 36 Ibidem 37 J. Lacan, Entretien avec Gilles Lapouge, op. cit. 38 Ibidem